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Se ci si chiede, all’ascolto del nuovo lavoro di Xabier Iriondo e Paolo Cantù quale significato hanno le voci e i dialoghi inseriti all’interno del caos urlante di Contronatura e via via nelle altre tracce, la risposta potrebbe essere qualcosa di molto vicino alla definizione di fantasmi, più propriamente detta melanconia o anche nostalgia (Wir Sind Ein Opernbau): il loro suono si muove constantemente su frammenti e fantasmi di rock, li richiamano magistralmente nei deliri vicini a certe istanze Skin Graft e li lasciano con facilità disarmante: anche la loro impostazione agli strumenti è fragorosamente rock (soprattutto Cantù e il redivivo Federico Ciappini alla voce che riportano incosapevolmente o meno alla memoria gli ultimi grandi dischi di Six Minute War Madness, o la batteria di Roberto Bertacchini e Claudia De Simone, già Sinistri -ex Starfuckers- e Agatha) anche se non suonano il genere propriamente detto e quando sta per esplodere lo rintanano dentro quel magma di suoni e voci che caratterizza in gran parte le direttive sonore del progetto, ovvero la sincerità degli strumenti lasciati smarrire in mezzo alla memoria e in loro stessi. La loro è caratterizzazione dell’informe e dell’altalenante, ridare vita all’improvvisazione attraverso forme sfocate di rock, e i duellanti non potevano essere immagine migliore di un disco che grida prepotentemente la comunicazione, la perdita, il ritrovamento e i legami consequenziali. Complimenti agli Uncode Duello, davvero.