E’ un Musicdrome piuttosto scarno ad accogliere la data milanese di Cristina Donà: ricongiunta così a una delle sue immagini, quella di Nido (“sono un nido sui rami d’inverno…”); nido spoglio incastonato fra i rami dell’albero che siamo noi presenti. L’ingresso sul palco è subito latore di un’atmosfera familiare, questa è infatti la sensazione che trasmette la band nel momento in cui l’ingresso non coincide con l’immediato attacco di un pezzo, come ci si potrebbe aspettare; la prima cosa che succede invece è di vedere Cristina che accorda la sua acustica, mentre gli altri musicisti attendono con calma colloquiale che le corde siano tese al punto giusto. Nel frattempo anche il pubblico ha tempo per respirare con pacatezza. Nonostante l’attesa per il nuovo tour fosse certamente condizione diffusa, non c’è trepidazione o scalpore, non c’è calca né ressa, non ci sono urla celebrative: il registro della serata è tenue. La gente è serena, rassicurata dall’essere presente, pronta per Settembre e la sua infusione. Trattandosi del tour che succede la pubblicazione de ‘La Quinta Stagione’ la connessione più forte la si ha con questo disco e con le intenzioni in esso contenute, e l’equilibrio anelato dall’autrice tra le righe dei suoi testi risulta una condizione ben assestata negli ascoltatori, che la cercano… e la trovano dentro una scaletta puntellata dai brani più recenti, ma cesellata dai classici che ognuno nel profondo desidera ricevere per la forte affezione che conserva nei loro confronti.
La band vede nella batteria di Piero Monterisi il rinnovamento più incisivo, il suo ingresso infatti va a sospendere la longeva collaborazione con Cristiano Calcagnile, il cui tocco aveva dettato le sorti ritmiche della Donà da molti anni a questa parte. E’ facile notare la muscolarità di certi arrangiamenti e le dinamiche forti di cui la band è capace; i pezzi dell’ultimo disco suonano molto carichi, pieni di esplosioni (molto più che nella versione in studio) ma rapidi nel ritrarsi per far entrare di striscio la voce. Niente di Particolare (A Parte Il Fatto Che Mi Manchi) è un manifesto sintetico di quanto possa dare l'attuale formazione dal vivo e di come possano suonare rock delle canzoni il cui orientamento testuale è intimista. Menzione a parte per le chitarre dello storico Lorenzo “Buzzino” Corti, capace di suonare sempre così personale a cavallo com’è tra alternative rock, country e noir: la vera chiave di volta del suono della band.
Un’osservazione critica può essere rivolta alla serata in termini più che altro comparativi: chi ha assistito a un concerto di Cristina Donà in versione solista sa a cosa si allude… alcune sfumature sono inghiottite dal suono del gruppo (come nel caso di Invisibile e Goccia, in cui l’accompagnamento ritmico riarrangiato da Monterisi fa rimpiangere la levità di Calcagnile, peccando d’eccessiva presenza) e non sempre l’equilibrio originario dei brani è rispettato. A smussare le asperità se non altro ci provano gli ottimi suoni curati dal fonico, davvero scolpiti nel rispetto di tutte le frequenze. Unico rimpianto è quindi il desiderio di una maggior solitudine (Nel Mio Giardino eseguita chitarra-voce è perfetta come un uovo) che consenta all’origine delle canzoni di mostrarsi integra e fragile, in ossequio dell’importanza che Cristina Donà conferisce all’articolazione del suono vocale, che da solo sa farsi concerto non appena si sposa con la parola.
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