Beach House – Devotion

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Baltimora. Città atipica.
Solitamente si parla del “sound di…”.
Solitamente se uno dice scena di Williamsbourgh si capisce subito dove va a parare il discorso, come nei ’90 quando si parlava di Chicago, della scena dello Smell, della Bay Area riferendosi al trash di un certo tipo e così via.
Se si parla di Baltimora, questo genere di discorsi non lo si può fare, date le molteplici intuizioni creativo/artistiche e le conseguenti sfaccettature di genere.
C’è però da dire che, dopo che i transfughi e newyorkesi di adozione Animal Collective hanno iniziato a partorire album, a Baltimora certi influssi hanno indubbiamente lasciato il segno.
I Beach House, certamente non per similarità di facciata, hanno accolto certe lezioni. Il loro pop è sognante, quindi dreamy, che deve sicuramente anima ai Jesus & Mary Chain, ma la loro patologicità emozionale è abbastanza in linea con quella della band di Geologist.
I Beach House creano un ponte immaginario di ricordi, emozioni e poetici cantati (femminili) che sintetizzano al meglio le varie scuole di pensiero che hanno macchiato indelebilmente il pop negli ultimi vent’anni. Ci sono organi caldi e consolatori, voci riverberate e leggere, malinconie al punto giusto, percussioni appena accennate.
Il sound dei Beach House è come se volesse suggerire qualcosa, piuttosto che dirla. E’ come se sussurrasse ipotesi, lasciando a noi il compito di verificarle.
Dopo l’omonimo album del 2006, forse un po’ sfuocato e non centrato, ‘Devotion’ è una molto piacevole scoperta, che si sposa per altro bene con la stagione primaverile. Consigliato.