Anche quest'anno nella suggestiva cornice di Piazza Castello si è svolto a Ferrara l'ormai celeberrimo festival Ferrara Sotto Le Stelle, una manifestazione che in pochi anni è divenuta uno degli eventi musicali più importanti dell'estate, un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli amanti della musica indie (ma anche non indie, visto ogni volta ce n'è sempre per tutti i gusti). Ed anche per quest'anno stessa spiaggia stesso mare, ma purtroppo ora il festival è finito ed io mi sento un pochino orfano. E come succede in occasione di ogni chiusura di un ciclo che si rispetti, ora è tempo di bilanci, da fare magari con la lacrimuccia agli occhi, la lacrimuccia che scende quando si ricordano i bei giorni vacanzieri.
L'apertura è stata di quelle col botto: Le luci della centrale elettrica accompagnato da una special guest d'eccezione, ovvero Giorgio Canali. Passi il fatto che Vasco Brondi giocava in casa, passi il fatto che attualmente il ragazzo è sulla bocca di tutti, ma non mi aspettavo proprio di vedere così tanta gente cantare all'unisono le sue canzoni, e non mi aspettavo nemmeno di vedere qualcuno commuoversi e qualcun altro innalzare l'accendino come se fossimo ad un concerto di Rossi Vasco da Zocca (Mo). Un set impeccabile che ha pescato a piene mani dal debut album Musica per spiagge deturpate (i cui brani dal vivo suonano molto più ruvidi ed istintivi) e dall'ormai mitologico demo La gigantesca scritta Coop, un concerto davvero senza punti deboli. Un pochino capisco chi si è commosso (tanto per dire, alla fine avevo un nodo in gola anche io): Vasco Brondi ha testi molto toccanti perché è dotato del potere di riuscire a comunicare tanto utilizzando poche, semplici frasi all'apparenza ermetiche, ed ha la capacità innata di rendere più forte il messaggio servendosi di pochi accordi di chitarra, seguendo l'istinto. A modo suo un poeta, un cantautore punk di quelli che in Italia non ce ne sono altri, un ragazzo che se vuole può arrivare dove vuole.
Dopo di lui suonava Cristina Donà, ma io non ho nemmeno avuto il coraggio di proseguire e sono entrato in una sana fase di shock emotivo dal quale mi sono ripreso una settimana e mezzo dopo, giusto in tempo per assistere all'esibizione di Cat Power il primo luglio duemilaeotto – esibizione che, nonostante di solito io ascolti cose molto più facili ed immediate del suo raffinatissimo cantautorato di matrice folk-blues, ho gradito parecchio. Accompagnata dai Dirty Delta Blues, Cat Power era in un'ottimo stato di forma psicofisica ed ha messo sul palco tutta sè stessa, vincendo e convincendo grazie ad un set molto toccante quasi interamente basato sull'ultimo album Jukebox e sul precedente The Greatest. Dal vivo Cat Power rende cento volte di più che su disco perché prende la propria musica e la rivolta come un calzino.
Ed un altro gruppo che rende non cento, ma mille volte di più dal vivo che su disco sono i Raconteurs. A Ferrara hanno suonato di fronte ad un pubblico molto esigente ma alla fine hanno convinto tutti con un concerto stellare, senza difetti né sbavature. I Raconteurs non sono un semplice passatempo o un gruppo costruito a tavolino, ma sono un'autentica macchina da guerra che nessuno pare essere in grado di fermare, una grande band che ha preso per mano i presenti e che, servendosi di un set basato sui loro due dischi Broken Boy Soldier e Consolers of the Lonely, li ha accompagnati in un appassionato viaggio attraverso la storia del rock '60-'70. Se un giorno Jack White dovesse essere costretto a scegliere tra loro e i White Stripes per lui (ma anche per noi) sarà molto, molto dura.
Chi non ha problemi di fare scelte di questo tipo sono i Franz Ferdinand, che a Ferrara hanno dato vita ad un'esibizione da manuale. È partita Michael ed è iniziata la festa, con tutto ciò che ne consegue: i presenti hanno iniziato a cantare e ballare, e poi è stato solo divertimento allo stato puro, gioia di vivere, assenza di limiti, voglia di essere tamarri sul serio. I Franz Ferdinand hanno dimostrato di essere vivi e vegeti e di poter ancora dire la loro dopo il mezzo passo falso del secondo album You Could Have It So Much Better, hanno suonato quadrati e compatti dando così una lezione a tutti quei gruppi-fantoccio che imperano tra le pagine di NME (uno a caso, i Cribs che li hanno preceduti nella torrida serata ferrarese). I brani inediti eseguiti sono da urlo, segno che quando uscirà il disco nuovo ci sarà da divertirsi parecchio.
E a proposito di album nuovi: dopo averli sentiti live, attendo al varco della difficile prova del secondo disco gli Hercules and Love Affair. Il primo è una bomba, meraviglia allo stato puro, ma dal vivo i suoi brani non hanno reso a dovere. A Ferrara la band ha impiegato parecchio prima di iniziare a viaggiare a pieni giri, ma quando è partita non ce ne è stato per nessuno. Il vero problema è stato che la loro esibizione è stata troppo breve (un'ora scarsa, oltretutto senza bis) e a mente fredda l'impressione che se ne ricava è addirittura quella di aver assistito a due concerti di band diverse: fino al momento dell'esecuzione delle megahit Blind ha suonato una band tesa e bloccata dalla paura, dopo l'esecuzione di Blind è partito un treno che nessuno pareva essere in grado di fermare. Non mi hanno soddisfatto appieno, anche se non si può di certo dire che il loro sia stato un brutto concerto. Aspettative troppo elevate da parte mia, bluff, semplice mancanza della voce di Antony o progetto che ha solo bisogno di abituarsi alla dimensione live? Ai posteri l'ardua sentenza, intanto però lasciamo loro il tempo di suonare e diventare adulti.
Chi invece è abituatissimo alla dimensione live sono gli Interpol e i dEUS, due gruppi che hanno suonato la stessa sera l'uno dopo l'altro in un superconcerto assolutamente degno di nota. Hanno aperto i dEUS, ed è stata un'ora che è passata come un minuto. Dal vivo il gruppo belga sembra migliorare con il passare degli anni e riesce nell'impresa di essere ancora coinvolgente ed emozionante. Si era lì tutti per sentire i vecchi classici, ma anche i brani tratti dagli ultimi due (un tantino incerti) dischi non hanno sfigurato, segno che gli anni passano ma il gruppo è ancora in grado di dire la propria e di fare bella figura. Gli Interpol sembrano invece patire la dimensione live. Sono un grande gruppo, hanno grandi canzoni, sanno suonare benissimo e dal vivo sono una macchina da guerra ben rodata. Il problema è che la macchina da guerra Interpol è fin troppo rodata: nulla fuori posto, non un'uscita fuori dalle righe, non una sbavatura, ma soprattutto non un'emozione trasmessa. Suonare dal vivo uguali a come si suona su disco può essere un difetto o un pregio a seconda dei punti di vista, ma al loro concerto di Ferrara tutto pareva essere prestabilito, talmente prestabilito che dopo un po' è sopraggiunto un inaspettato effetto noia che mi ha reso il tutto difficile da seguire. Problema mio, visto il folto pubblico era letteralmente in delirio e si è gustato quella che nonostante tutto è stata comunque una bella esibizione.
Invece, i Notwist hanno suonato qualche sera dopo e non solo hanno mandato il pubblico in delirio, ma sono stati il delirio. Per la precisione puro e semplice delirio organizzato, un concerto di quelli che te li ricordi per una vita. Parte la musica, parte la voce, e sono lacrime agli occhi – non una sbavatura, non un difetto, ma soprattutto non un attimo di noia. Un set quadrato e molto vario, un'ora e mezza logicamente incentrata sull'ultimo, favoloso The Devil, You + Me, ma che ha avuto deliziose (e doverose) puntate su Neon Golden e Shrink, brani che dal vivo suonano così uguali eppure così diversi da come suonano su disco, più compatti e potenti eppure sempre delicati e toccanti. Sembra improvvisazione ma non lo è, è solo realtà ed alla fine ti rendi conto che c'è un intero mondo nella musica dei Notwist, un mondo che si lascia scoprire a poco a poco ma che ti entra dentro e non ne esce più. Concerto dell'anno, direi.
Arrivederci all'anno prossimo…
Credits photo:
Foto Notwist di Megathud
Foto Interpol di Milographer
Foto di Franz Ferdinand di FranFiorini
Foto di Racounteurs di Rava85
Foto di Cat Power di Lens R. Angerer
Foto di Luci della Centrale Elettrica di Matteats