Bibio – Mind Bokeh

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:
12 Aprile 2011 Warp.net Bibio

Excuses

Bokeh: termine del gergo fotografico di derivazione giapponese (“boke”), si riferisce alle zone contenute nei piani fuori fuoco di un’immagine, e la qualità estetica gradevole di un certo tipo di “sfocatura”.

Titolo più calzante non poteva essere attribuito all’ultimo lavoro del britannico Stephen Wilkinson, conosciuto con il nome d’arte di Bibio.

Dopo una serie intrigante e fuorviante al tempo stesso di produzioni curiose e ottime, basti solo riferirsi a Fi (suo primo album che sente molto dell’influsso dei Boards of Canada, che infatti non gli lesinano elogi), Vignetting the Compost o Ambivalence Avenue (sotto Warp). Bibio ha rappresentato il virtuosismo di fondere con leggerezza ed intelligenza influenze ’60s e Beach Boys al glitch, all’8-bit, al folk, mantenendo un eclettismo degno di un Beck, come sostenne un collega prima di me.

Tale capacità compositiva e sperimentale lo ha segnato anche nel passaggio di etichette, arrivando alla grandiosa Warp che si trova oggi a licenziare questo terzo Lp che rimischia molto le carte in tavola, ma per fare un triste solitario.

Mind Bokeh ha cercato nel suo titolo la sfumatura regale di un caleidoscopio. Quella incoerenza liquida e pulsante che rende le sbavature pennellate astratte; la ripetizione ipnotica e i colori piatti un muro di significato; e il kitsch una risata acida mentale, ma non riesce nello scopo.

Dopo un’apertura non esaltante ma curiosa, Excuses che porta il corpo martoriato di un glitch al suo ballo di morte in versione 8-bit arcade, si comincia a disegnare apertamente la silhouette dell’opera.

Anything new, Feminine Eye ci rapiscono dentro i resti polverosi di una discoteca funk in cui synth e ritmiche si confessano fuori tempo massimo, stanche in una freschezza pre ordinata e confezionata con pochi steoridi;  Wake up!, Take Off your Shirt e Artists’ Valley sono dei rapimenti d’artista, come se Kaiser Chiefs, Animal Collective fossero stati chiusi nello scantinato a suonare per forza: uno scialbo miscuglio elettro, senza contorni personali, che gioca sugli effetti vocali e soluzioni sonore ormai scontate (il riff d’inizio di Take Off.. sembra appunto uscito da un clone dei Kaiser Chiefs) che riempiono un LP che non mostra un messaggio artistico omogeneo e sopratutto propositivo.

Ci troviamo di fronte ad un’opera frammentata in tanti tentativi, in tanti possibili percorsi scartati a priori senza una chiave di lettura creativa per l’ascoltatore.  Il virtuosismo di Bibio si è tramutato in un pupazzo con il mangiacassette ed il cordoncino.

Speriamo che il light -effimero- jazz di Saint Cristopher, (depressivo esempio di aritmica amelodia)  che chiude il disco, non voglia rappresentare il prossimo passo del nostro.