Guillemots – Walk The River

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18 Aprile 2011 Polydor Guillemots.com

Dancing In The Devil’s Shoes

Terzo album in studio. Per molti il momento della verità, per i Guillmots una tranquilla passeggiata nei parchi sempreverdi di Birmingham.

A tre anni di distanza dal fortunato Red (tra i dieci album più venduti in Gran Bretagna), Fyfe Dangerfield e soci decidono che con Walk The River sia arrivato il giusto momento di scrollarsi dalle spalle la polverina dorata del successo e rimettersi in gioco. Senza ansie da prestazione e panico da riconferma, i cinque musicisti inglesi si sono chiusi in studio assieme al loro produttore David Kosten per ricapitalizzare l’essenza Guillemots. In questo scenario rilassato, da ultimo giorno di scuola, prendono vita dodici tasselli di brit rock che a tratti sembrano volersi aprire a registri più leggeri e pop, basti tuffarsi in Ice Room, per assaggiarne l’atteggiamento più marcato.

Un sound dove prevale la disinvoltura da hit radiofonica, probabilmente un tentativo dei Guillemots di ampliare i loro già ampi orizzonti. Tra i diversi atti di questo Walk The River, ci si affaccia in una dimensione vellutata, un tuffo accompagnato dal taglio melodico e coinvolgente delle incisioni, Slow Train e Sometimes I remember wrong, sembrano perfette nella loro bomboniera rosa da ballo di fine anno, echi distanti e rallentati dettano il tempo di un lunghissimo primo bacio liceale. Qualitativamente parlando, prendere per assoluto il concetto di questo full lenght vorrebbe dire stroncarlo per metà, levargli quell’istintività che è poi il punto focale di Walk The River, una spontaneità che si riversa in tutta la sua dimensione, amplificando una sensazione di naturalezza da post delizia.
Sensazione che in  Dancing In The Devil’s Shoes, trova conferma dove la melodia del momento s’impossessa dell’animo dei Guillemots, una traccia che da sola potrebbe valere l’intero album per sonorità e fattezze.

Un ritorno che non è poi un ritorno. Una conferma che non necessita conferme, questo disco firmato Guillemots è l’apoteosi della retorica, del saper persuadere mediante l’affermazione di un proprio marchio di fabbrica, un sound che non ha tempo eppure lo domina, uno specchio ben riuscito nel quale specchiarsi e riconoscersi.