Attitudine e Visual: The Stone Roses sono una band che mescola diversi miti sul proprio conto: da una parte la band progenitrice del brit pop, gli osannati dei del Madchester; dall’altro lato invece li rincorre sempre l’infamia di essere una delle peggiori band dal vivo mai esistite. Sono contento di essere venuto qui a Milano per sfatare queste leggende metropolitane su questa formazione, per poter finalmente dire che gli Stone Roses…sono una band onesta. Ed è così che si pongono verso il loro pubblico, in maniera molto plain, senza fronzoli, a servizio di canzoni che sono entrate nel cuore di un pubblico che non è poi così numeroso al di fuori della terra d’albione.
Audio: Tralasciando la questione palco e service, decisamente da grande occasione, posso dire che un po’ sono rimasto deluso dalla scelta del sound della band: avendo passato i giorni precedenti a riascoltare i due album, purtroppo dal vivo non ho ritrovato nel suono delle chitarre quella strana commistione di influenze, a cavallo fra The Smiths e The Jesus and Mary Chain: quindi poco flanger e molto chorus in questo caso. Un sound un po’ troppo soft insomma, mi aspettavo più grinta.
Setlist: Non è che ci fosse molta scelta in questo caso: l’attenzione è stata rivolta quasi tutta al primo album. Per farvi capire meglio, su tredici brani dei quali The Stone Roses è composto, ne hanno suonato ben dieci, ma probabilmente è stata una scelta vincente ed il pubblico ha gradito. Quindi apertura con I Wanna Be Adored e nel finale un poker con Made Of Stone, This Is The One, She Bangs The Drums e I Am The Resurrection. Dal secondo album c’è da segnalare Ten Storey Love Song e Love Spreads.
Momento Migliore: I momenti migliori di questo concerto vanno a braccetto con le canzone migliori, per cui I Wanna Be Adored e She Bangs The Drums sono state delle chicche da non perdere.
Pubblico: Di sicuro non si può parlare di sold out per questa data: tribuna deserta e parterre pieno nemmeno fino alla metà. Tantissimi ragazzi inglesi, che probabilmente si saranno concessi una vacanza ripiegando su Milano, a causa del sold out delle date in UK. In effetti sono stati proprio gli stranieri i più esaltati alla serata, sebbene anche il pubblico nostrano si sia dimostrato abbastanza affettuoso verso la band, ma non saprei dire quali fra loro fossero veri fan o curiosi dell’evento. Nel complesso pubblico calmo e pacato che si gode la performance.
Locura: Se escludiamo Ian Brown che per quindici minuti consecutivi agita i suoi tamburelli in giro per il palco con pose plastiche rivolgendosi al pubblico, decisamente niente locura sul palco.
Conclusioni: Niente di sconvolgente, ma nemmeno il disastro che leggevo nei live report stranieri: non sono una band di virtuosi, non hanno avuto una lunga carriera e non hanno nemmeno un repertorio vasto, ma solo un pugno di canzoni. Eppure hanno influenzato una intera generazione di musicisti in Uk che li adorano, e probabilmente questo è davvero uno dei pochi esempi di band seminali (aggettivo usato troppe volte a sproposito) che non si è mai veramente sviluppata, ma ha lasciato che altri artisti raccogliessero la propria eredità musicale.
Le foto non si riferiscono alla data recensita