Yo La Tengo – Fade

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Del “paradigma Velvet Underground” si potrebbe dire, parafrasando la Settimana Enigmistica, che vanta innumerevoli tentativi di applicazione. Lo sanno eccome gli Yo la tengo, che da trent’anni di carriera compiuti proprio in questi giorni, continuano senza sosta a corteggiare coloro che furono i loro primi numi tutelari. Tra le prove provate che rendono tale il velvettiano tipo rientra generalmente anche una cultura musicale estesa, che nel caso dei tre di Hoboken è pressoché immensa, e spazia dalla New York avanguardista fino alle antologie garage di Nuggets e agli arrangiamenti in stile Motown. Le loro ultime due prove in studio, ad esempio avevano dato saggio di un po’ tutte le due cose insieme, e ciò nondimeno lo spirito di Reed, Cale e soci era presenza aveva continuato ad essere una presenza palese, se non altrove, sicuramente nei dieci minuti di chitarristica dissonanza di And the glitter is gone che chiudevano Popular Songs – e che avrebbero aperto ogni tappa del tour a seguire.

Così ci eravamo salutati tre anni orsono. Riapertura in dissolvenza, come prescrive il titolo, perché stavolta i colori sono ben diversi: Ohm suona come un piccolo mantra per l’equilibrio universale e quello interiore, un’armonia di suoni e voci in formato pop song. È la prima di dieci gemme che manterranno bassi i toni, ma sempre alto, altissimo il profilo della qualità, tanto da guadagnarsi, e senza troppi dubbi, un posto tra i lavori più riusciti della band. Il rimando immediato va ai cosiddetti “dischi post rock” che chiudevano gli anni novanta e aprivano la decade successiva, I Can hear the Heart beating as one e And then nothing turned itself inside out. A parità di atmosfere soffuse cambia però qualche sfumatura. Fade è sì un disco sussurrato sottovoce, ma con una vocazione luminosa, che alle ore del tramonto preferisce i primi raggi di sole.

Gli archi che, più che la viola malata su Venus in furs, ricordano le composizioni “da camera” di Nick Drake, la voce sussurrata appena di Georgia Hubley in Cornelia and Jane che tutto sembra fuorchè la Femme Fatale cantata da Nico…Che c’entra tutto ciò con le fantasie oscure raccolte sotto il “disco della banana”? C’entra eccome. Perché un’altra grande lezione che il gruppo apprese dalla scuola dei minimalisti e divulgò presso i propri discepoli, ed è quella del saper far tanto facendosi bastare poco. Come nei quadretti di Emily Hubley, la videoartista autrice del clip di Before we Run, in Fade c’è appena una manciata di elementi ricorrenti, sempre uguali, sempre gli stessi. Quei pochi che bastano a mettere insieme un altro, “vellutato” capolavoro.