The Bronx – IV

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IV è un disco per orfani. IV è per quelli che piangono rivolti verso la Scandinavia, manco fosse la mecca: con le orecchie ancora innamorate di quel suono che scovava il punk nei balletti chitarristici di Angus Young. Colpa dei Turbonegro. Vi ricordate quando gli Hellacopters di High Visibility ci raccontarono del loro amore verso la Detroit più Hard? Colpa anche loro.

I Bronx oggi dimostrano coraggio nell’abbandonare l’approccio Hardcore degli esordi per abbracciare un suono tanto debitore delle performance in compagnia dei Foo Fighters, quanto dell’istinto nel seguire parte della propria natura musicale. Inutile dunque ragionare in merito a questa nuova versione della band con la convinzione di essere al cospetto di una mera ricerca di consensi, i Bronx dei lustrini non sanno che farsene.

È infatti l’hard nordico à la Sewegrooves  di The Unholy hand ad aprire il lavoro, mentre dei Foo Fighters votati al punk irradiano tutta Along for the ride.  In certi passaggi si ha come la consapevolezza di essere immersi in un Grohl/Olvieri –Nick, Mondo Generator/Q.O.T.S.A/Dwarves – pensiero, trattato con passione Garage Too Many Devils”, “Under The Rabbit”. Poi sul finale, quando appare Ribcage riesumando in un sol colpo i primi Wildhearts,  capisci di aver fatto bene a prenderti un giorno di ferie, al parco, con il Bronx nelle orecchie.