10 cd nel lettore di… Davide Golin

Non è sempre facile per noi della redazione raccontarvi questo o quel personaggio, questa volta il nostro ospite si presenta da solo, meglio di così? Eccolo a voi; Davide Golin.

golinMi chiamo Davide Golin. Due anni fa ho pubblicato il mio primo romanzo Pablito mon amour. Poi canto e scrivo canzoni con i Diva: è appena uscito il nostro primo video, “Il paradiso su Retequattro”.

Prima che passi definitivamente in cavalleria l’hypnagogic pop, colgo questa splendida occasione che mi hanno dato i ragazzi di Rocklab per mettere a fuoco alcune canzoni che ascoltavo tra pubertà e adolescenza e che tuttora riaffiorano prima o poi alla memoria. Più altre cose più recenti.

AereoparteRagazzTONY RENIS – L’AEREO PARTE (1969)
Mr. Quando Quando Quando, in occasione del primo singolo per la Numero Uno di Battisti-Mogol, parte per la tangente, forse in omaggio alla nuova etichetta. Il brano comincia con il suo innocuo melodico italiano per famiglie per poi lentamente deragliare fino all’esplosione lisergica nel ritornello dove sembra entrare direttamente in studio il Syd Barrett di Arnold Layne con una borsa piena di Mandrax. “Ciao ciao ciao ciao”, ma ciao davvero.

logandwightLOGAN DWIGHT – MARY (1972)
Vidi un paio d’anni fa su Rai5 l’asfittico film L’illazione di Lelio Luttazzi, dove lo showman triestino sfoga in modo obliquo (noblesse oblige) tutto il suo risentimento verso la giustizia italiana dopo che due anni prima venne chiuso a Regina Coeli con l’accusa di detenzione di droga. Tema portante del film è questa splendida canzone di un misconosciuto gruppo forse di Genova. Il disco (lo potete trovare su Spotify) è per soli maniaci dell’Italian prog ma questo pezzo dal mood autunnale, ritornello di rara bellezza tra intrecci Mamas&Papas e assolo di flauto quasi Crimsoniano, per me non fa prigionieri.

$T2eC16hHJIYE9qUcQYMyBRfpwsGnEQ~~60_35VAN DER GRAAF GENERATOR – THEME ONE (1972)
Venni a conoscenza di questo pezzo incredibile da piccolo attraverso gli ascolti di mio fratello più grande e dei suoi amici. Qui vi propongo un live per la TV, audio non eccelso ma l’esibizione dei tre è un vero spettacolo. Il pezzo ogni tanto mi faceva capolino in testa finchè non lo risentì anni dopo nella versione originale che gli Oasis usavano come intro nel loro tour del ‘96. L’originale datato ‘67, nella sua olimpica grandeur sinfonica che vi consiglio assolutamente di ascoltare, è di George Martin; lo scrisse come brano di apertura dei programmi della BBC Radio One. Con un pezzo così, davvero la giornata inglese negl anni Sessanta non poteva che cominciare col piede giusto, il che spiega molte cose di quell’epoca del pop inglese… la coda beatlesiana poi. Che dire.

Dopo la cover fantasticamente sporca e cattiva dei VDGG, il brano venne sottoposto a ben altro trattamento qualche anno dopo con una versione disco metal del batterista Cozy Powell (dal disco – ehm – “Over the Top”), assolutamente “ignorante” come dicono gli hipster milanesi per definire il brutto-che-fa-fico. I Daft Punk apprezzerebbero? Non so se sopravviverete al cambio di tonalità.

ELSIMON PARK ORCHESTRA – UP TO DATE (1973)
La mia preadolescenza televisivamente fu assolutamente Brit-friendly, giusto prima che con la Fininvest arrivasse la grossa ondata dei serial americani. Certo, c’erano Happy Fays, Bonanza, etc. Ma le serie che la Rai comprò dalla Thames (in successione Caro papà, Un uomo in casa e lo spin-off George&Mildred, Dottori in allegria) furono assolutamente formative, e non solo nel mio caso specifico, penso. Grazie a questi show mi costruì in test questo paradiso terrestre che era l’Inghilterra post-Swinging London a colpi di MiniMinor, minigonne, musica pop, Carnaby Street ecc. insomma la cartolina edulcorata dell’Albione di quegli anni che però su un ragazzino di campagna faceva il suo indubbio effetto tra l’ora del catechismo e i Lando dietro il patronato.

Siamo nel pieno della golden age delle colonne sonore orchestrali inglesi. Il pezzo, sigla di apertura di Un uomo in casa, è un capolavoro di spensieratezza che sicuramente squarciava le nebbie di Londra, quando a Londra c’era la nebbia.

!BWcy5dQ!mk~$(KGrHgoH-C4EjlLl0-E2BK(gCGRU1Q~~_35ALBERTO LUPO – ALESSANDRA (1975)
Nei primi anni ‘90 non sapevo dove sbattere la testa. Tolta la musica mainstream italiana, in quegli anni particolarmente orrenda, ero tra l’incudine (il grunge) e il martello (l’hip hop militante delle varie posse). Con tutte quelle camicie di flanella e i pizzetti al mento, i locali erano diventati raduni degli alpini. Così, insieme a pochi altri sopravvissuti, ci buttammo anima e corpo sulla lounge music o exotica o easy listening, che allora nemmeno sapevo come chiamarla. Registravo in VHS i film minori della commedia all’italiana (il Gassman de L’arcangelo, Dove vai tutta nuda e via cosi) per ascoltare quelle stranezze molto molto… esotiche. Quindi bazzicavamo certe feste nella riviera romagnola dove i Montefiori Cocktail e altre band ricreavano con lo spirito delle orchestre del liscio quella stagione delle colonne sonore della trimurti Morricone – Piccioni – Umiliani, ma anche Trovajoli, Fidenco ecc. La cosa bella di quella scena era – in contrasto con la verità sangue sudore e lacrime del grunge e del rap – la sua totale artificialità, ricreare in vitro un mondo passato che a malapena esisteva nella sua stessa epoca. E per qualche tempo, nel chiuso della mia cameretta da adolescente fuori tempo massimo, mettevo su questa mia tutta personale scoperta, fumavo e mi mettevo a ballare immaginandomi di essere al party delle scena iniziale di Roma bene di Lizzani. Il divertissement in questione, rippato per l’occasione per voi dal mio 45 giri, è disco-lounge orchestrale di finissimo kitsch in cui il tema di Shaft centra pure qualcosa.

CoverPLASTICOST – CANZONE DADA (1983)
Uno dei primi concerti che vidi fu in piazza di un paese (Breganze) vicino al mio e questo gruppo locale di Marostica aveva appena fatto un disco. Vidi il cantante sul palco vestito da papa che cavalcava un triciclo e questa musica stranissima che non si rifaceva direttamente a niente di quello che andava all’epoca. Le influenze post punk e no wave erano digerite e risputate fuori in questo modo assolutamente originale come nessun altro gruppo italiano sapeva fare. Scheggia impazzita, che non poteva durare. Non durò, ma intanto abbiamo questo.

CaravanInTheLandUKCARAVAN – IN THE LAND OF GREY AND PINK (LP – 1971)
Sempre in tema di giovinezza Uk-friendly. Ho un debole per la cosiddetta Scuola di Canterbury, i Caravan, i primi due dischi dei Soft Machine, Hatfield & The North), il timbro sporco dell’organo di Dave Sinclair (il quale, per inciso scrisse la musica di O’ Caroline). Il mio probabile disco dell’isola deserta è questo, un felicissimo, fresco e super ispirato mix di pop inglese, folk, psycho-prog a bassa intensità, music hall. Il tutto con le melodie dei cantati che scavano nella roccia. Insomma un capolavoro che si reggeva su un equilibrio instabile. Non durarono neanche loro a tali livelli. Ma questo LP basta e avanza.

16 - Daniele Pace - Edizione tedesca - FrontDANIELE PACE – VAFFANCULO (1979)
Com’è fatto un Serge Gainsbourg italiano? Essendo cisalpini e non disponendo di questa qualità dell’anima che in soldoni potremmo definire French Touch, la domanda cade nel vuoto visto che in Messieur Gainsbarre vi è anche una decisiva percentuale di sangue ebreo russo. Comunque, a forzare una risposta, in una ipotetica formula magica senz’altro troverebbero posto sia Franco Califano che Daniele Pace. Quest’ultimo, poi. Grandissimo paroliere per mezza musica leggera italiana, trovò anche il tempo di fare dischi con gli Squallor e il crooner maliardo con un disco solista dal titolo Vitamina C. Il cazzeggio di classe è arte sottile, difficilissima. Roba da Amici miei, da Dino Risi. E infatti l’aggettivo dinorisienne l’hanno coniato i francesi, mica noi.

van_she_-_jamaicaVAH SHE – JAMAICA (2012)
Per non passare da vecchio babbione vi faccio vedere che ascolto anche roba nuova. Questo è uno dei miei gruppi preferiti di adesso. Quando sento le loro canzoni mi sembra di sentirci l’Umberto Tozzi degli anni d’oro (il mio cantante italiano preferito) che le canta con la sua voce leggermente roca e mi sembra che i conti tornino. Comunque, gran pezzo. Di questi ascoltatevi anche Kelly se potete.

new-order-true-faithNEW ORDER – TRUE FAITH (1987)
Ci sono singoli che fanno tremare i polsi. “Strawberry Fields Forever / Penny Lane”. Per esempio in Italia “La canzone del sole / Anche per te”. E questo: “True Faith / 1963”. Anch’io registrai questa loro apparizione televisiva a Sanremo International 1988, ma sono sempre stato troppo pigro per metterla su youtube. Fortunatamente ci ha pensato qualcun altro. E’ la mia canzone preferita del mio gruppo preferito e qui Barney è davvero dio in terra. Ma anche gli altri non scherzano. La parte da brividi è la loro entrata dal backstage mentre Massarini li presenta. Non chiedetemi perche’. Sensazioni ipnagogiche.