Bee Bee Sea: le nuove leve del garage nostrano avanzano

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Ultimamente l’Italia garage, figlia dell’esplosione d’inizio millennio di band come Strokes e White Stripes, sta generando splendide manifestazioni d’amore sixities. Ne abbiamo già parlato sulle nostre pagine con le recensioni di Plastic Man, Sycamore Age e appunto di Bee Bee Sea. Oggi scambiamo due chiacchiere sull’argomento con una delle formazioni in questione.

Partiamo subito dalla ragione sociale: il termine Bee Bee Sea si presta a diverse interpretazioni. Quando l’avete scelto pensavate a qualcosa di più vicino al concetto di “Looser” o di BBC (Big Black Cock)?

Assolutamente entrambi. Andando in giro a suonare ci siamo veramente accorti di come l’atteggiamento delle persone nei nostri confronti cambiava da prima a dopo il concerto. Davvero, a vederci fai fatica ad immaginarti come una rock’n’roll band: nessuno ha un taglio di capelli figo e nessuno indossa vestiti da modo o da rocker o qualsiasi altra cosa, ma quando si sale sul palco cambia tutto, è li che si diventa Big Black Cock!! Il look è una cosa relativa. Alla fine puoi essere pettinato come Brian Jones ma sei fai cagare non cambia assolutamente niente, anzi fai ancora più cagare. Poi non ci va di metterci stivaletti alla Beatles e camicie paisley solo perchè facciamo musica di derivazione ‘60, niente in contrario con chi lo fa ma personalmente non fa per noi
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Per voi è stata un’adolescenza immersa nei grandi classici del rock. Penso ai Velvet Underground agli Oasis o ai Nirvana. Quando è nata la passione per il Garage?

Già ascoltavamo volentieri gruppi tipo Who, Small Faces e Byrds ma non avevamo ben presente cosa fosse il garage. Mi ricordo che la prima volta che andai al Lio bar c’era questo gruppo inglese di 40enni ubriachi (il nome purtroppo non me lo ricordo più), col cantante che ad una certa si è spogliato nudo e dove tra l’altro mi sono ritrovato a suonare Wild Thing insieme ad altra gente del pubblico, mentre la band faceva una pausa al bancone. E’ stato il mio battesimo praticamente. E’ li che ho realizzato quanto potesse essere estremo, selvaggio ed eccitante il garage. E’ qualcosa che solo ascoltando i dischi non puoi capire.

Come nasce la collaborazione con il T.U.P Studio di Brescia?

E’ nata così: siamo andati là con un demo scrausissimo, dopo che avevamo saputo che i New Candies avevano registrato con loro il primo disco. Hanno ascoltato i pezzi, sono venuti a vederci live, gli è piaciuto e abbiamo deciso di fare il disco con loro.

E con la Glory Records?

Della Glory records ti posso solo dire che sarà la prossima next big thing nel panorama mondiale.

Ascoltando “On A Boa” ho fatto un balzo sulla sedia. Da appassionato della scena garage sixities, sentire oggi una band Italiana che riporta in auge sonorità di quel tipo, con così tanta personalità mi ha messo in volto un sorrisone compiaciuto. Io ci ho sentito tanto della band di Barry Tashian (The Remains), è solo una mia impressione?

On a Boa è uno dei pezzi che fino all’ultimo siamo stati indecisi se inserire o no nel disco. Alla fine a Bruno (Barcella, TUP studio, ex batterista Miss Chain) piaceva molto e ci ha convinti ad inserirla. Quando l’ho composta mi stavo immaginando gli Strokes che suonavano un pezzo dei primi Beatles. Poi provandola con gli altri ha preso una piega molto più garage; quindi no, probabilmente non è solo una tua impressione.

Personalmente trovo interessante come l’esplosione “garage” (con tutti miei dubbi sulla definizione) d’inizio millennio – mi riferisco a Strokes e compagnia bella – abbia dato maggior visibilità a tante band che lottavano nella penombra degli scantinati. Probabilmente è una cosa ciclica, il garage possedendo sette vite, ogni tanto sbuca di prepotenza dagli scaffali dei negozi. Il fatto è che probabilmente con l’avanzare dei tempi, sempre meno giovani si avvicinano a queste sonorità, intendo quelle della tradizione. Certo, quello del 2000 non fu certo paragonabile al revival Eighties, ma credo sia proprio cambiato qualcosa a livello generazionale, voi cosa ne pensate?

Il garage (come anche il rockabilly e altri generi) non morirà mai, ci saranno sempre da qualche parte del mondo gruppi che bene o male terranno la fiamma accesa. Poì succede che dal nulla spunta fuori una di quelle band che riesce a dire qualcosina di diverso rispetto al passato e da li nasce una nuova ondata di giovani band e le riviste cominciano a parlarne. Sembra sempre che sia finita ma deve ancora arrivare la cosa più figa del rock’n’roll!

Peccato perché ultimamente sono usciti diversi ottimi lavori di genere provenienti da band Italiane. Penso ai Plastic Man ed ai Sycamore Age. Quindi da parte dei musicisti rimane alto l’interesse, inoltre come vostra influenza spesso citate i Black Lips. In che modo la band di Atlanta ha influito sulla vostra concezione musicale? Io vi immagino mentre ascoltate la compilation “Nuggets” con la stessa passione che un prete metterebbe nel leggere la Bibbia.

Andando in grio mi sono reso conto che tanti gruppi simili a noi sono stati influenzati dai Black Lips. Sono band come loro che ti fan venir voglia di scavare meglio nel passato e di ascoltarti i Nuggets. Magari è stato lo stesso negli anni 80 con gruppi tipo i Fuzztones!

Quando potremo vedervi live, quali sono le prossime date?

17/04/15 Lio Bar- Brescia
18/04/15 Hostaria – Castel D’Ario (MN)
25/04/15 San donato Milanese (MI)
28/04/15 Manolo’s Hole – Padova
10/05/15 Arci Virgilio Mantova
22/05/15 Groove – Vicenza

La nostra recensione del disco omonimo

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