Kevin Parker fra gratuità e qualità

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La cosa è nell’aria, la si percepisce. Sebbene i dinosauri del “lucro di settore, vecchia scuola” abbiano già imboccato il viale del tramonto, non perdono mai tempo per ricordarci che: “il lavoro va sempre pagato” – frase quantomeno paracula in questo contesto. E’ ormai chiaro che chiunque, con un pugno di idee, possa fregiarsi della nomea di “Artista” oggi, pretendendo un compenso a prescindere dalla qualità proposta in rapportato al numero di esseri umani e di pubblicità che possa raggranellare – e questo è un fatto. Ma in realtà, spesso ci si dimentica del perché lo si fa, dello “scopo”. Spesso al netto del talento, specialmente se inesistente, si prova il salto al compenso immediato, minimo salariale “dovuto” in aggiunta alle velleità che ti faranno scopare – diceva qualcuno. Si pensa prima alla pagnotta. Ed è comprensibile, ma probabilmente sbagliato, oggi.

Ed ecco venirci in soccorso la gioventù di Kevin Parker ed il suo concetto meritocratico:

“Gli artisti hanno bisogno di fare soldi e cose del genere, ma se fai qualcosa di buono o se si fa buona arte, la ricchezza arriva”

Questa è solo parte dell’intervista che il nostro ha rilasciato alla BBC Radio – e che vi riproponiamo qui sotto -, in cui il giovane e talentuoso leader dei Tame Impala ci racconta quello che TUTTI ormai sanno ma che nessuno o pochi dicono in totale serenità.

“Alcune delle mie più importanti esperienze musicali provenivano da CD composti da canzoni masterizzate e che un mio amico aveva scaricato in precedenza per me in una terribile qualità digitale. Ma non mi importava, quei pezzi hanno cambiato la mia vita lo stesso”

Il progressivo smarcamento dal concetto di possesso, in atto da qualche anno, si è mosso finora attraversando diverse fasi. Trattandosi di un processo prima di tutto mentale, psicologico diremmo, abbiamo dapprima abbandonato il cd perché lo vendevano anche alla Conad e questo ci sembrava troppo poco caratteristico. Poi è arrivato quel genio di Steve Jobs a dirci che si “ognuno vuole possedere la propria musica“, ma è meglio se la comprate nell’iTunes Store. Tutto questo in concomitanza col fatto che nel frattempo il nostro bisogno di certezze – dettato anche da un contesto socio-culturale in continuo disgregamento – ci ha fatto sballare per tutta una serie di revival ben descritti da Simon Reynolds nel suo fondamentale Retromania. Questo ci ha spinti al vinile? Certamente. Copertina grande, vecchi ricordi, gusto lungo – e poi vuoi mettere il gracchiare della puntina sul disco? Roba da erotomani.

Oggi il giovane Kevin, dimostra coraggio nel manifestare le proprie sensazioni, e se qualcuno gli dicesse:

“Hey man, mi piace il tuo album, ma l’ho scaricato gratuitamente”

Nessuno potrebbe impedirgli di rispondere:

“Bene! Questo è un bene!”

Pensando dentro di se:

“Forse non aveva i soldi per l’album, ma se l’ha ascoltato e magari ha rappresentato una una parte importante della sua vita, non posso chiedere di meglio. Non voglio i suoi venti dollari”

Chiaramente l’opinione immediata sarà quella del “bello spot ragazzone”. Del resto, nessuno è così stupido da credere che il buon Kevin voglia girarsi l’Australia lanciando il nuovo Currents ai semafori. Semplicemente, il suo discorso verte su di un processo più o meno irreversibile che offre al pubblico la massima gamma di soluzioni d’acquisto, ma anche nessuna, rimanendo soddisfatto in entrambi i casi.

L’audio dell’intervista: