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5/02/2016 | CookingVinyl | TheCult.com |
Il misticismo della rinascita, la spiritualità rappresentata da un’ideale trilogia, iniziata dai The Cult nel 2007 con “Born Into This” e proseguita nel 2012 con “Choice Of Weapon“, giunge alla sua ultima incarnazione. Hidden City, carico di simbolismo sonoro e contenutistico, è una fusione di ruvida energia e delicata interezza: proprio come quelli zampilli di sangue purpureo, posati sulla purezza dei gigli in copertina. L’immagine trascende così il suo significato, divenendo metafora della materia di cui è fatto l’album stesso.
I germogli di un’oscurità passata come quella di Love e le radici intrecciate dalla grinta di Sonic Temple permangono in maniera latente all’interno del disco, lasciando il posto anche a visioni sonore differenti che si avvicinano alle trame ritmiche degli ultimi due album. Nell’intensità delle strutture duali della voce di Ian Astbury e della chitarra di Billy Duffy, impreziosite dalla batteria di John Tempesta, lo stile della band resta comunque riconoscibile: sempre in bilico fra new wave, goth rock e hard rock. Tenebre e grinta, ma acquisendo una sorta di forza interna che danza con la calda percezione di un rock più puro ed elegante.
Il disco si snoda così tra cavalcate sonore suadenti (Dark Energy) e sonorità dall’animo combattivo e potente (No Love Lost, GOAT), tra ballad sibilline (In Blood), tenebre avvolte nel caos ( Deeply Orered Chaos) e fantasmi malinconici (Sound And Fury).
Hidden City vive nel limbo del passato e del presente dei The Cult, riuscendo a creare vere emozioni. È un album che rappresenta al meglio l’introspezione quieta e la meditazione esistenziale, non disdegnando però cariche di fuoco vivo. È un disco fatto col cuore, quell’organo nascosto nella città immaginaria di ognuno di noi.