Melt Yourself Down – Last Evenings On Earth

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A tre anni di distanza dallo strepitoso debutto omonimo della band capitanata da Kushal Gaya, di cose ne sono successe. Esperienze legate alla malattia, alla morte (dei propri cari) e alla guerra hanno fortemente influenzato quest’incendiario sequel che non a caso s’intitola: “Last Evenings On Earth“. Cambia anche il linguaggio. Se nell’esordio Kushal ci parlava in mauriziano, francese, creolo e in una lingua bellamente inventata, oggi lo fa esclusivamente, o quasi, in Inglese.

Il secondo episodio è una bomba iridescente che – a detta dei protagonisti – insegue: “The sound of Cairo ’57, Cologne ’72, New York ’78 and London 2013“. Tutto vero. Un’eruzione di portentosa creatività guidata dal sassofonista Pete Wareham (Acoustic Ladyland e Polar bear) che flirta con un delirio strumentale made in Nord Africa. Punk e Jazz costantemente in collisione gridano alla rivoluzione, edificando territori illusori a cavallo fra le dune del deserto ed un party Punk: a tratti sembra di essere al cospetto di un Frankenstein musicale delirante e corroborante, qualcosa che rimanda all’esperienza degli Stooges più caldi, al Blues incandescente guidato da dinamiche musicali Funk che trovano le più svariate definizioni (Tra cui: “Nubian party punk”) e derivazioni: dal Nord Africa alle Mauritius, fino alla Polinesia.

Un baccanale sulle spiagge di Cabo Negro promosso dallo spirito londinese. Il vostro disco dell’estate se avrete l’energia per ballare fino allo sfinimento: in barba ai demoni, agli dei, e alle condizioni climatiche.