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8 Settembre 2017 | ANTI- | tds.com |
I The Dream Syndicate sono stati tra i principali esponenti, insieme a Rain Parade, Three O Clock, Green On Red e Opal, di quella fantastica scena musicale denominata “Paisley Underground”.
Originatasi nella prima metà degli anni 80, principalmente nella zona di Los Angeles, denotava un felice connubio tra la Psichedelia dei sixties (Birds sugli scudi) ed i suoni e le atmosfere dei Velvet Underground: attualizzati con le cupezze tipiche del periodo Post-Punk.
Tra i gruppi citati, i The Dream Syndicate sono stati quelli che maggiormente hanno evidenziato le proprie affinità con la band di Lou Reed & co. Infatti, il loro Ep d’esordio omonimo del 1982, rappresenta la massima espressione di quella passione, poi confermata con il primo disco, la pietra miliare “The Days of Wine and Roses” del medesimo anno.
Nell’arco di sei anni (1982/1988) i The Dream Syndicate hanno composto, oltre a vari Ep, quattro dischi di cui due di rara bellezza – il sopracitato “The Days of Wine And Roses” e “Medicine Show”. Opere capaci di cesellare la proposta della band impreziosendola, grazie anche alla caratteristica voce nasale di Wynn, mediante un impianto sonoro tracciato da chitarre acide supportate da un drumming tribale.
“Live at Rajis” del 1989 doveva essere il canto del cigno della band. Il gruppo si è però riunito nel 2012 in occasione del 30° anniversario di “The Days of Wine and Roses”, con una line up composta per metà dalla formazione originale. Steve Wynn, il batterista Dennis Duck, il bassista Mark Walton – nel gruppo da “Medicine Show” – ed il chitarrista Jason Victor al quale è stato affidato il non semplice compito di misurarsi con i precedenti dotati chitarristi: parliamo di gente come Karl Precoda, artefice del suono acido del primo periodo, e Paul B Catler (già nei 45 Grave) capace di accompagnare la band verso sonorità più morbide, caratteristiche del periodo “Out of Grey” / “Ghost Stories”.
Il rodaggio live, dal 2012 ad oggi, ha giovato alla Band californiana perché il nuovo “How Did I Find Myself” è davvero un bel disco.
Certo, si poteva presagire qualcosa di molto simile alle prove soliste di Wynn, ed invece il risultato finale si presenta come un’opera dei The Dream Syndicate al 100%. Si prendano ad esempio le iniziali “Filter me Through You” e la bellissima “Glide” e si avrà l’impressione di essere tornati nel 1984, periodo “Medicine Show”. Con “Out of My Head” e “80 West” vengono rielaborati gli esordi, le ubriacature dei “Giorni del vino e delle rose”.
Il sabba si ripete costante, evidenziando la stessa grinta motivazionale. In particolare il basso di “80 west” riprende esattamente, nella sua parte iniziale, quello di “That’s what you always say” per poi essere sommerso da una scarica elettrica ad alto voltaggio. Sublime.
Con “Like Mary” si riallaccia il discorso lasciato in sospeso su “Ghost Stories”, mentre “The Circle” si propone come vetta del disco – nel frangente emerge anche tutta la qualità del nuovo innesto alla chitarra.
Forse l’unica nota dolente è rappresentata proprio dalla traccia omonima. “How Did I Find Myself” è caratterizzata da un ritmo funkeggiante che si protrae per una durata di oltre 10 minuti, lasciando qualche rimpianto: un vero peccato.
La chiusura invece è da brividi. Inoltre, l’ipnotica “Kendra’s Dream” sfoggia una guest star d’eccezione alla voce: la storica bassista della band “Kendra Smith”.
Noi li attendiamo nel nostro paese con impazienza – passeranno di qua ad ad ottobre –, sicuri che le nuove canzoni non sfigureranno al cospetto dei classici della band.