Qualche tempo fa ho rincontrato un vecchio amico che non vedevo da anni, entrambi siamo appassionati di musica e gli ho chiesto se suonava ancora, così mi ha dato il demo del suo gruppo. Parlando del suo lavoro mi ha reso partecipe dell’esistenza di questa strana ma interessante iniziativa nota come Creative commons. Cos’è Creative commons? È un sistema di registrazione dei brani musicali, ma anche di tante altre espressioni creative, alternativo ai canali tradizionali. La differenza sta in un trattamento meno rigido dei diritti che permette una maggior diffusione delle opere culturali soggetti a Creative commons e ne facilita l’utilizzo da parte di altri. Raggiungo via mail Luca Brazzoli, batterista della band Ellissi nel Cerchio molto attivo in questo nuovo fenomeno per farmi spiegare meglio cos’è e come funziona Creative commons:
Rocklab: Allora, come può essere spiegato in parole povere il progetto Creative Commons?
Luca: Tra la chiusura totale operata dal copyright tramite la classica dicitura “All Rights Reserved” e un mondo anarchico in cui gli autori assaporano una libertà senza limiti, ma sono d’altra parte a loro volta sottoposti al rischio dello sfruttamento, occorre trovare un giusto compromesso. Questo compromesso, che dovrebbe essere il motore di un sistema fondato sul diritto dell’autore di valorizzare la propria creatività pur restando tutelato, è uno degli obiettivi del progetto Creativo Commons (CC) che utilizza il principio del “diritto d’autore” per la creazione di beni comuni. CC è un’organizzazione nonprofit che offre un insieme flessibile di protezioni e libertà per autori e artisti, il progetto è nato nel 2001 all’interno della Stanford Law School Center for Internet and Society dall”iniziativa di diversi personaggi quali giuristi, esperti di diritto informatico e editori tra i quali spicca la figura di Lawrence Lessig, grande esperto di diritto su internet e difensore delle libertà del web. Il primo progetto di CC è stato nel 2002 il rilascio di un set di licenze di distribuzione per opere creative la cui filosofia si può riassumere con questo slogan “Some Rights Reserved”. Queste licenze, a metà strada tra “full-copyright” e “no-copyright” non sono altro che dei contratti mediante i quali il licenziante rinuncia all’esercizio esclusivo di alcuni diritti e il licenziatario accetta di esercitare tali diritti, obbligandosi a rispettare le condizioni della licenza. Queste licenze CC si basano su 4 condizioni fondamentali: 1 – Attribuzione (Attribution): Il licenziante acconsente che altri copino, distribuiscano, esibiscano ed eseguano l’opera. In cambio il licenziatario deve attribuire la paternità all’autore originale. (L’opzione Attribution è compresa di default in tutte le licenze.) 2 – Non Commerciale (NonCommercial): Il licenziante acconsente che altri copino, distribuiscano, esibiscano ed eseguano l’opera. In cambio i licenziatari non possono usare l’opera per scopi commerciali – a meno che non abbiano ottenuto il permesso del licenziante. 3 – Non Opere Derivate (NoDerivs): Il licenziante acconsente che altri copino, distribuiscano, esibiscano ed eseguano solo copie inalterate dell’opera – non opere derivate da essa. 4 – Condividi allo Stesso Modo (ShareAlike): Il licenziante acconsente che altri copino, distribuiscano, esibiscano, eseguano e modifichino l’opera. Se il licenziatario, trasforma o sviluppa quest’opera, può distribuire l’opera risultante solo per mezzo di una licenza identica a questa. La combinazione di queste quattro condizioni da vita a 6 licenze. Le licenze Creative Commons si applicano con modalità differenti in base al formato dell’opera a cui saranno applicate e ai loro utilizzi finali, una volta che si sa cosa si vuole proteggere e cosa si vuole condividere, è sufficiente andare alla pagina di scelta di una licenza e compilare i campi proposti. Una volta compiuta la scelta l’autore ottiene la licenza appropriata in tre formati: 1- Commons Deed: un riassunto semplice della licenza 2- Legal code: il testo completo della licenza con valenza legale 3- Digital code: la versione elettronica delle licenze. Essa consentirà ai motori di ricerca e ad altre applicazioni di identificare le opere secondo i termini d’uso. L’autore otterrà anche un pezzo di codice HTML che occorrerà inserire nelle proprie pagine web per indicare ai visitatori che il loro contenuto è sotto licenza CC. Come si può notare sia la pagina di pubblicazione che i tre formati della licenza sono in lingua italiana questo perchè sul finire del 2003 Il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino e l’IEIIT-CNR hanno sottoscritto un memorandum of understanding con Creative Commons Inc., divenendo Affiliate Institutions italiane e assumendo l’incarico di tradurre e adattare i contratti delle licenze Creative Commons all’ordinamento giuridico italiano. Il 16 dicembre 2004 è stato ufficialmente presentato il lavoro di adattamento delle licenze Creative Commons e sono state rese disponibili le versioni italiane delle CCPL (Creative Commons Public License).
R.: Quali sono le differenze più rilevanti da una registrazione presso la SIAE?
Luca: Di sicuro la differenza più rilevante è di tipo etico: attraverso la SIAE l’autore rinuncia a concedere qualunque libertà a suoi utenti (gli ascoltatori) perpetuando così un sistema di diffusione della musica evidentemente non al passo dei tempi e delle tecnologie a disposizione di tutti (computer, masterizzatori, reti, ecc.) Esiste però anche una differenza di tipo pratico: il compito della SIAE è seguire il “percorso” delle opere dei suoi iscritti, in Italia e nel mondo, concedendo licenze ed autorizzazioni per l’utilizzazione dei loro lavori, riscuotendo e distribuendo all’autore i relativi compensi. Chiunque preferisca gestire direttamente i propri interessi economici può tranquillamente fare a meno dell’iscrizione alla SIAE e adottare una delle 6 licenze CC. Esiste infatti la falsa convinzione, radicata ormai da anni nelle teste di tutti i musicisti, che solo la registrazione presso la SIAE e il conseguente deposito dei brani siano gli unici strumenti di tutela delle proprie composizioni. Questa affermazione è falsa: l’art. 2576 c.c. e l’art. 6 della legge sul Diritto d’Autore dispongono che l’acquisizione del diritto è dato dal solo fatto della creazione dell’opera. L’art. 106 della legge sul Diritto d’Autore dispone che l’omissione del deposito, della pubblicazione o della registrazione dell’opera, non pregiudica l’acquisizione e l’esercizio del Diritto d’Autore, spetterà a chi contesta tale qualità e assume che l’opera non è stata creata da chi si è qualificato come autore, dare la prova del proprio assunto. La SIAE non tutela alcunché come d’altra parte anche le licenze CC: in Italia è la legge sul diritto d’autore che tutela gli artisti. Il deposito presso la SIAE di un brano come testimonianza della paternità dell’autore è una prova ne più ne meno valida di una pubblicazione di un brano presso un sito, fermo restando che per la legge non è necessario ne il deposito ne la pubblicazione per riconoscere la paternità di un brano al suo legittimo autore.
R.: Cosa vi ha spinto come gruppo a seguire questo progetto?
Luca: Anche in questo caso esiste sia una motivazione di tipo etico che di tipo pratico. La prima motivazione, di tipo etico, è che noi non crediamo nell’esclusività del diritto di copia, non crediamo nelle imposizioni del mercato musicale e non crediamo nelle restrizioni imposte dall’esercizio esclusivo del diritto d’autore. Bensì crediamo fermamente nella libera diffusione della cultura musicale come base per un sistema libero di produzione e distribuzione musicale in cui il rapporto tra tutela degli autori e condivisione della musica sia più equilibrato dell’attuale. La seconda motivazione, di tipo pratico, è che adottare un sistema di produzione e distribuzione musicale “di tipo tradizionale” equivale ad avere alti costi ed una visibilità strettamente dipendente dall’investimento dell’editore, quando c’è, o del gruppo. Un sistema libero che concede agli ascoltatori di far circolare la musica permette ottenere un’alta visibilità a prescindere dall’investimento economico iniziale. Per questo motivo tutti i nostri brani sono liberi: liberi di essere duplicati, liberi di essere ridistribuiti, liberi di essere eseguiti e liberi di essere modificati. Quando parliamo di libertà in ambito musicale ci si ispiriamo ai principi che sono alla base del movimento del Software Libero e ci riferiamo a tre libertà fondamentali: la libertà di esecuzione (per qualsiasi scopo) la libertà di duplicazione e distribuzione (per aiutare la diffusione della cultura musicale) la libertà di modifica e di ridistribuzione dei cambiamenti (per non danneggiare le capacità innovative dei musicisti) Per tutelare queste libertà, tutti i nostri brani sono disponibili sotto la licenza di distribuzione Creative Commons: Attribuzione – Condividi allo stesso modo 2.0 italia. Attraverso l’utilizzo di questa licenza consentiamo la duplicazione, la distribuzione, la pubblica riproduzione, la pubblica esecuzione e la realizzazione di opere derivate dei nostri brani (purché queste siano ridistribuite per mezzo di una licenza identica alla Creative Commons: Attribuzione – Condividi allo stesso modo 2.0 italia) a condizione che ce ne venga riconosciuta la paternità.
R: Secondo te la cosa ha un futuro in Italia?
Luca: L’OCSE l’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in cui si coordinano 30 paesi fortemente industrializzati e basati su un’economia liberista smentisce l’esistenza di una relazione tra le dimensioni del calo delle vendite di musica e la crescita del file sharing; sostiene invece che l’industria della musica dovrebbe ripensare il proprio modello economico. La ricchezza delle Majors deriva dalla scarsità di supporti musicali e quindi dalla necessità di rivolgersi ad un venditore per ottenere un disco. Oggi questa necessità non esiste più: la copia digitale, i CD masterizzati e le reti P2P hanno rivoluzionato le modalità di circolazione e ricerca della musica. Un modello basato sulla scarsità di beni che e’ possibile moltiplicare a costo zero non può più evidentemente funzionare. Penso quindi che un sistema libero di produzione e distribuzione musicale sia la naturale evoluzione dell’attuale sistema. I tempi e le modalità dipenderanno solo dalla volontà e dalle capacità di adattamento di tutti gli addetti ai lavori.
R: Consiglieresti a un gruppo emergente di seguire il vostro esempio?
Luca: Senza alcun dubbio. Un sistema libero di produzione e distribuzione musicale sancisce la capacità degli autori, e in particolare degli autori indipendenti, di modificare la struttura della filiera che porta un musicista da emergente ad “emerso”. Come? diventando editore di se stesso. Tradizionalmente come funziona la filiera? l’editore investe nella produzione artistica ed esecutiva del prodotto musicale e svolge opera di promozione (passaggi radio e tv) attirando l’attenzione degli utenti e conseguentemente delle agenzie di booking. L’agenzia ha un ruolo fondamentale in termini economici per l’autore, rappresenta infatti la principale entrata (cache) filtrata, generalmente, di un 20%. E’ importante sottolineare come questa sia, se non l’unica entrata, quella decisamente più consistente. L’autore concede infatti i diritti di sfruttamento economico delle opere (mantenendo, ovviamente, quelli di paternità) all’editore, il quale può così coprire l’investimento effettuato in partenza. Il momento live, il concerto, diventa quindi il momento di promozione del prodotto fonografico, il disco. Adottare le licenze Creative Commons per il licenziamento delle proprie opere significa far derivare dalla distribuzione discografica in rete importanti opportunità per i mercati finora considerati di nicchia, a conferma del superamento delle barriere, in primo luogo distributive, create, per esempio, dai monopoli discografici e radiofonici. Di qui la possibilità per gli autori-editori di promuovere il downloading delle registrazioni e di incentivare in questo modo la diffusione e l’esecuzione delle opere attraverso i nuovi canali creati sulla rete: archivi pubblici, webcasting (radio e TV). Diventare editori/distributori di se stessi non significa rinunciare ad una vasta visibilità e conseguentemente all’interessamento delle agenzie di booking, anzi è proprio nell’interesse di queste ultime (che non vivono economicamente sullo sfruttamento dei diritti d’autore ma sul potenziale numero di utenti disposti a pagare il prezzo del biglietto per un concerto) promuovere un sistema di massima diffusione di brani musicali. A differenza di un sistema tradizionale, in questo caso, il prodotto fonografico (il disco) diventa il momento di promozione del momento live, riportando la musica da livello di prodotto a livello di servizio. …che poi è come è sempre stato fino a cinquant’anni fa e come dovrebbe essere oggi. Gli autori-editori in questo caso investirebbero le nuove risorse nella definizione di una formula competitiva libera dai meccanismi e dagli automatismi legati tradizionalmente alla percezione a alla ripartizione dei proventi.