Sex Mob – Sexotica

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I Sex Mob, dopo la dedica alle musiche di James Bond, questa volta volgono lo sguardo a Martin Denny, il creatore dell’exotica, una musica da lui stesso definita “window dressing, background music”, dunque smaccatamente da sottofondo – da arredo.
Siamo nella seconda metà degli anni ’50 e le sue composizioni si basano su un nucleo placidamente jazzato (oggi associato alla classica atmosfera da cocktail) non disdegnando ritmiche latineggianti; in più Mr. Denny pensò di aggiungere a questo canovaccio retrogusti etnici e – manco a dirlo – esotici, spostando il baricentro dei brani verso le più svariate musiche tradizionali. Sorprendente è riscontrare come questi suoni abbiano non poche assonanze con buona parte dell’odierna musica pensata appositamente per fare da background; in quest’ottica l’exotica pare una sorta di world music ante litteram, o di new age per club privé… Ammiccando a queste atmosfere i Sex Mob si destreggiano tra kitsch, frammenti onomatopeici (tanto amati da Denny, in particolare i cinguettii dei volatili), soluzioni surreali e contaminazione electro-beat. L’autore a cui si riferiscono a suo tempo divenne, nel giro di poco, il beniamino di gente avvezza a comportamenti non proprio benvisti: in sostanza, la sua fu La Musica da bordello e da sbronza.
Ebbene, i Sex Mob sembrano esserne consapevoli (gente come Steven Bernstein, ex Lounge Lizards, non si formalizza), di fatti la loro è una carrellata di pezzi morbosamente lounge, trasversalmente jazz, fiaccamente ingegnosi… sembrerebbero anch’essi degli oggetti d’arredo. Però, insistendo nell’ascolto di ‘Sexotica’, la cura – o l’estasi – filologica del gruppo emerge, e il sottofondo si fa sempre più insinuante; è un accumulo di sporcizia che si trastulla sui groove di basso, una lente d’ingrandimento puntata sulle idiosincrasie che seducono con i loro modi da balera ma, in ultimo, infastidiscono e disturbano. Pian piano, dallo sfondo, emerge l’intenzione dei Sex Mob, maestri del fraintendimento in chiave jazz e delle false intenzioni. Il loro lavoro si riferisce all’ambiguità grottesca di questa sottotradizione musicale, evidenziandone la connotazione antropologica – e drammatica – tramite una specie di “degrado della seduzione”: suonano e lo fanno con gesti lubrichi, che nauseano con invidiabile cognizione di causa. Come una battona di terza età che ci prova con te davanti ai tuoi amici. Subdoli!