The Divine Comedy @ Circolo degli Artisti [Roma] 8/12/2010

Attitudine e Visuals: la versione indie del Cotton Club, o di un pianista da saloon. Neil Hannon si presenta da solo, ed è così che per tutta la durata dello show porterà avanti il suo splendido pop da camera. Elegante e sarcastico, autoironico e allo stesso tempo malinconico come solo un irlandese può essere, bombetta in testa, cravatta nera, pipa alla mano e valigetta di pelle nera da working class, è la perfetta parodia di un inglese della City (come da copertina del disco). Sul palco un enorme piano a coda, una chitarra e un bicchiere di vino saranno gli unici suoi compagni.  Quando la scrittura è più importante dei decibel, quando il carisma è più importante della scenografia.

Audio: ottimo. Considerato che gli strumenti in gioco sono sempre e solo due, ovvero voce e strumento, il set non mette in gravi difficoltà l’acustica del locale. Godibile e calda la voce, ricca di sfumature, espressiva e precisa al contempo, prende autorevolmente il centro della scena, lasciando ad un pianoforte suonato con stile, e ad una chitarra acustica un po’ più jingle-jangle (“like Jonny Greenwood!” scherza dopo un assolo raffazzonato) il compito di fare il resto. Il risultato è godibile e divertentissimo, mai noioso o sottotono grazie alla scrittura accattivante dei brani e all’innata verve cabarettistica del Nostro.

Setlist: praticamente un Best Of per i fan di lungo corso, più i brani dell’ultimo disco.

Momento Migliore: memorabile l’handclapping richiesto al pubblico su Indie Disco “e ora cercate di tenere il ritmo per tre minuti” scherza Neil, e il pubblico esegue, a click, perfetto e impeccabile. Con una costanza che solo l’affetto può motivare.

Pubblico: la sala non è stracolma, ma quelli che ci sono contano ciascuno per dieci e fanno sentire il proprio calore. Un pubblico adorante, partecipa, canta sottovoce, quasi a non voler rovinare la magia. Da parte sua Neil Hannon trasforma il set in un continuo dialogo col pubblico, un botta e risposta affettuoso di chi sa di avere il cuore in pugno di chi lo è venuto ad ascoltare. Ammicca, parla, scherza, chiede interazione e feedback in più di un’occasione, e il pubblico interagisce anche quando non è richiesto, completando addirittura i brani, ricordando le strofe che Neil finge (o meno) di dimenticare, aggiungendo i controcori (giuro) e fischiettando il tema del brano quando un accesso di tosse incrina la voce di Neil. Affezione pura.

Locura: molti momenti di un concerto ad alto tasso di locura, ma su tutti uno. Neil introduce la malinconica allegria di “Can You Stand Upon One Leg”, e con il suo usato tono semiserio annuncia “questa è la canzone dove qualcuno tra il pubblico dovrà dire una barzelletta non appena canterò la frase –can you tell me a funny joke”. E tu non gli credi, lo prendi per uno scherzo… E invece non appena Neil canta la sua sconsolata linea di testo il service cerca davvero col microfono qualcuno tra il pubblico disposto a raccontare a Neil una barzelletta! Il pubblico del Circolo degli Artisti risponde un po’ irrigidito, non sembra accogliere la proposta con grande entusiasmo: “ma come?!” Apostrofa “dovrò davvero dire in giro che l’unico posto in Europa dove nessuno mi abbia saputo raccontare una barzelletta è proprio Roma?”. E sarà che gli Italiani in questo periodo non hanno tanta voglia di scherzare, o sarà l’eccessivo rispetto per l’eleganza di Neil, o il fatto che non vogliamo fare sempre la figura degli Italiani, ma un ragazzo dalle prime file se ne esce con un “In Italy only our premier Berlusconi can tell good jokes!”

Chapeau e applausi, anche di Neil che divertito esclama un “Phew, mi hai salvato in corner”. Bravò! Bravò!

Conclusione: come ha esclamato un conoscente a fine concerto – certo avrebbe meritato molto più successo di quello che ha avuto!

Foto di Emanuele Severoni