Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Agosto 2011 | Matador | http://stephenmalkmus.com/ |
Tigers
Con la leadership di una band ormai leggendaria dei 90ies come i Pavement e giunto al quinto album solista, pergiunta prodotto da Beck, Stephen Malkmus si è guadagnato sul campo della critica musicale il fatidico 7 fisso. Fateci caso, per i dischi di Malkmus è il voto più gettonato, quasi automatico e scontato. Qui a Rocklab non siamo nessuno per esimerci e quindi 7 sia, ma è una buona occasione per mettere a frutto quello che a noi è sembrato importante, ovvero la scomposizione del voto per una migliore comprensione del disco. Il lettore ci perdonerà questa piccola presunzione, se afferra che essa non è ambizione che il nostro 7 sia migliore degli altri, ma che, piuttosto, non è un sette pepette qualsiasi.
Andiamo, dunque, con ordine seguendo il filo del SVR (Sistema di Valutazione Rocklab) che ormai conoscete bene. Rispetto alla Discografia dell’Artista, Mirror Traffic si becca un bel 2. Pur sembrando effettivamente il migliore della discografia di Malkmus, forse al pari con il primo omonimo con cui condivide una certa compiaciuta leggerezza, risultando meno confuso dei suoi predecessori, Mirror Traffic è ancora lontano dalla discografia dei Pavement. Le sue esuberanze hanno un che di enciclopedico, sono più, potremmo dire, neoclassiche rispetto al situazionismo pavementiano. E questo ha il suo peso nel comprendere i limiti di un semplice voto. In sede di critica non si può dimenticare il glorioso passato di una band di cui il nostro eroe era mente più degli altri.
Ma la rivincita di Malkmus è Rispetto Alla Musica d’Oggi, su cui spicca con un bel 3. Si tratta di “massimo dei voti” reale, nonostante non sia difficile intuire che su questa base le indie-zine riconosceranno a Mr. Pavement credito per qualsiasi rutto produca. E’ chiaro sin dall’inizio. Tigers è un’instant indie-anthem come non se ne sentivano da tempo, pur rimanendo una mosca bianca nella tracklist. La tipica composizione alla Malkmus giocata sul tirare le redini in modo non convenzionale della sospensione tra una creatività viscerale e un’istinto maniacale al controllo, la ritroviamo nella gradassa sostanza di brani come Senator o Spazz, nella tensione dorsale tra linea vocale e vertebre elettriche di Brain Gallop o Stick Figures in Love e possiamo dire non esista niente di paragonabile nel panorama della musica pop contemporanea, sul piano della genialità auto-consapevole. I filler ci sono, la tracklist è un pò lunga, ma non sono così irritanti come capita solitamente.
Infine il Valore Storico. Ricorderemo questo disco nonostante il peso dei Pavement? Lo menzioneremo per qualcosa? Io credo alla fine di si, e non solo perchè finalmente ha una bella copertina. Come detto, spicca nella discografia solista e si avvantaggia di una produzione illustre, quel buon Beck, che dopo l’album di Thurston Moore, mette la sua firma a latere di un altro disco importante affinchè i 90ies vadano oltre se stessi, se non proprio far loro il 2011. Produzione che ha il suo peso nell’economia del disco, soprattutto nella prima parte. Il lavoro sui raddoppi di voci, ad alleggerire la verbosità sui generis dello stile di Malkmus, reverberi disseminati con sapienza nuova da queste parti e anche recupero di suoni vintage oculatamente in secondo piano. No One Is (As I Are Be) ha la pregnanza folk di un Bonnie Prince Billy resa soffice con arrangiamenti in cui non è difficile ritrovare lo zampino del Beck di Sea Change. Così il piano rhodes e qualche acusticheria in Asking Price e Share The Red rinnovano la mescola di un sound quel tanto che basta per dare discontinuità. Su questa voce però i riempitivi pesano di più. E’ 2 anzichè 3, perchè, si sa, manca la compattezza della pietra miliare.
Ecco, dunque, cos’è questo sette che leggete sotto. E’ un sette abbondante, penzolante. E’ un sette che vorrebbe essere un otto, che sarebbe un otto in un mondo migliore, un mondo dove correndo con le scarpe slacciate non si inciampa mai.