Tame Impala – Lonerism

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Dapprima fu Innerspeaker, neologismo che stava ad indicare l’altoparlante interiore che risuona dentro ognuno di noi: ora è la volta di Lonerism, che nella nostra lingua potremmo tradurre approssimativamente come “solipsismo”. Si sarà capito, insomma, che Kevin Parker è un tipo che balla da solo, e che cerca compagnia esclusivamente quando necessario, vale a dire quando sta sul palco. Parafrasando un terzo titolo, quello del singolo che diede un primo assaggio di fama alla sua creatura, è proprio nella Solitudine che, a sentire lui, va ricercato l’Incanto. Quanta differenza dai giorni in cui la psichedelia chiedeva grandi rituali esoterici di gruppo, o, perlomeno, un impianto stereo degno di questo nome, magari per ascoltare “i suoni” tutti insieme nel salotto dell’amico che aveva il giradischi meglio accessoriato.

È chiaro invece che anche questo secondo Tame Impala suona più come il frutto di una minuziosa attività di bricolage davanti al computer che non di una serata fra amici a base di LSD – anche se sulle abitudini stupefacenti dell’australiano non abbiamo abbastanza indizi per poter speculare. Sotto chitarre e batterie trattate a dovere, Parker perfeziona il tiro da scrittore e azzecca anche il ritornello che acchiappa (Feels Like we Can only go Backwards la canticchierete prima ancora di averla sentita). I giochi di prestigio fanno parte del bagaglio dello psichedelico professionista fin dalla notte dei tempi, e pertanto il nostro non dovrebbe prenderla a male se gli si annota che le sue in fondo sono “solo” canzoni ben scritte e, in un secondo momento, passate al trucco lisergico: c’è una grande distanza di sicurezza da quegli interminabili viaggi free form in cui si avventuravano i pionieri degli anni ’60 come i loro fratelli maggiori (vedi alla voce Flaming Lips: Yoshimi Battle e At War the With the Mystics sono due lavori cui la nostra one man band dovrebbe accendere un cero ogni volta che imbraccia una chitarra).

Il riferimento giusto per capire Lonerism sta dalle parti dei Beatles dilatati di Tomorrow Never Knows, o, volendo stare sul contemporaneo, nell’ipotesi di una psychoband in formato “compresso”, pensata apposta per infilarsi nel tuo lettore mp3. Music to walk home by, suggerisce l’autore. Lo prendiamo in parola.