Tame Impala – Innerspeaker

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Ci deve essere qualcosa nel microclima o in quello che mangiano a Perth, Australia, visto che alcune delle cose più eccitanti degli ultimi anni (e non solo) in ambito rock vengono da lì. E’ il caso del primo album di questi Tame Impala che si candida ad essere l’esordio dell’anno per il sottoscritto se non uno dei migliori dischi in assoluto del 2010.

Si faccia una bella full immersion in questo piccolo gioiello di rock acido e impertinente soprattutto chi si riempie la bocca con la neo-psichedelia (tipo i freak Black Angels o gli astratti ultimi Flaming Lips, non citati a caso visto che qui c’ha messo le mani anche Dave Fridmann, produttore, quando non membro aggiunto, anche di Mercury Rev e MGMT), e son sicuro che lo scarto rispetto a tutto il resto sarà lampante.

Già dai primi due splendidi video estratti da Innerspeaker, si ha un quadro delle ambizioni legittime di questi giovinastri. Solitude Is Bliss è la crasi apocalittica e post-moderna del celebre video di Bittersweet Simphony dei Verve con Io Sono Leggenda. L’isolamento di una direzione opposta a quella definita come “avanti”, “futuro” o “salvezza”, come frustrazione rabbiosa. Se infatti il sound ha profondi rimandi sixities, nel cantato come in certe sospensioni allucinogene – volendo fare un nome ci sento soprattuto i The Pretty Things – il tutto è imbottito di anabolizzanti super-fuzz e ritmiche groovey, quasi da ambientazione sci-fi. Siamo su altre direttive spazio-temporali e i Tame Impala suonano come avrebbe potuto suonare la discografia compressa dei Primal Scream.

Il secondo video è Lucidity. L’idea è quella di una (simulazione di?) telecamera inizialmente puntata dall’alto sulla band che suona in mezzo al nulla di un’arida prateria, sempre più in alto in ripresa aerea, fin sopra le nuvole fino a scorgere la curvatura terrestre. Viene sgamciata con un paracadute e riprende a caso in balìa del vento e della gravità. Immagini suggestive musicate dalla cosa più sporca che i Beatles non hanno mai concepito. La telecamera atterra, inquadra una parte del paracadute e un’aquila che passeggia lì per caso. Sognanti e abrasivi, desertici e catchy, questa sensazione di essere totalmente in preda ad eventi incontrovertibili è la migliore recensione possibile per questo disco che coglie perfettamente nel segno.  A questo punto oso sperare che il prossimo videoclip sia di Runaway Houses City Clouds, per flippare completamente. Fatevi un giro su Innerspeaker e vi girerà la testa, inebriati e confusi, crederete di avere per paracadute le vostre lenzuola, aprirete gli occhi e, disteso accanto a voi, un koala sarà lì a guardarvi chissà da quanto tempo. Poi di corsa all’antidoping però.