Musichetta, poverina
Si chiama “sdoganamento” del linguaggio, forzarne il buon costume, maneggiarlo con nonchalance tra sublime e faceto.
Si chiama “sdoganamento” del linguaggio, forzarne il buon costume, maneggiarlo con nonchalance tra sublime e faceto.
Quindi, di che forma è fatto il nuovo album dei Foo Fighters? La stessa. E il colore? diremmo giallo. E il nero? Quello l’abbiamo perso nel 1997, di lì in poi tutta discesa, e levate quel parental control.
I Qlowski sono Romagnoli con base a Bologna, i quattro hanno un Ep all’attivo (su cassetta verde andata esaurita, sigh) e un singolo per Sniffin’ Glucose. Loro dicono Post-Punk e Kiwi-Pop (The Fall, Wire, Devo), noi, Gun Club e B52’s: almeno dalla presenza vocale del frontman e della tastierista – qui più Lilith Oberti che Exene Cervenka. Le rifiniture sono squisitamente oscure: tipo che nei loro ascolti c’è sicuramente gente come Protomartyr e Cure.
Dall’8 aprile del 1990 a oggi, due serie, in tutto 30 episodi: incollati a Canale 5, a tarda notte, davanti alla tv, vogliamo sapere solo una cosa: chi ha ucciso Laura Palmer? (questa frase diventerà LA FRASE). Moriamo di spavento per un semaforo che oscilla nel buio su una strada deserta, tremiamo quando parte la sigla di apertura. L’immagine di quel cadavere si imprimerà nella nostra memoria visiva.
Il porno è sdoganato da anni, i tranquillanti pure, cosa c’è da sdoganare ancora? Il mio sogno proibito è che dalle spiagge di Riccione Tommaso Paradiso si ritrovi catapultato lynchianamente nella spiaggia bianca di Solvay, completamente fatto di Xananas e venga sedotto e poi derubato dalle nostre ragazze di Porta Venezia.
A distanza di vent’anni può sembrare inevitabilmente retorico glorificare un album a tutti gli effetti storico e cruciale, ma quando i Radiohead si apprestarono alle registrazioni di Ok Computer tutto questo non era affatto scontato.
Se talvolta, vedi Rovazzi, per raggiungere l’obbiettivo basta lavorare per accumulo (tag, testi e nelle comparsate video) basandosi su una strategia mirata nel colpire le fasce più sensibili – affondiamo i giovanissimi per conquistare anche le loro madri; quindi dai 5 ai 15 per poi fare un salto ai 5o e proseguire oltre fino alla geriatria –, in altre occasioni lo stesso meccanismo può essere rivoltato per colpire al viso compiacendo al contempo il pubblico in oggetto, smuovendolo: ma questa è roba per gente che ci sa fare veramente, non per gli strateghi alla corte del simpatico Rovazzi – che poi è Fabio De Luigi (risatina).
Rumore. Dall’approdo in pineta fino alla spiaggia. Il tonfo delle moretti che impattano con il terreno ricoperto dagli aghi di pino marittimo, ed il sincronismo degli spray anti zanzare; l’odore del mare, di un baracchino che vende panini (di un certo livello) e di qualche benpensante che probabilmente stasera si farà il primo bagno dell’anno dell’estate.
Anche nel 2017 i Foo Fighters non si smentiscono e ci regalano una roba che Todd Philips se la sogna. Il video di “Run” è l’ennesima goliarda su riff pseudo pesante (ma solo nell’incipit che poi le radio fanno gnégné) del combo americano. Un calderone che vede azione, tette granny, stage diving, vecchi che pogano, si picchiano ed in fine, in un passaggio degno del santone dello svapo si lanciano in una trasgressiva fumata di vapore, che il cancro è passato di moda.
Se cercate un’etichetta nel tentativo di capire se offrire o meno una chance alla band pratese, forse la miglior definizione possono fornirvela direttamente loro: si dichiarano Post-Mediterranei, e non hanno tutti i torti. Certo, perché nella musica dei Solki, soprattutto nell’ultimo episodio “Peacocks Eyes” (appunto), convergono svariate peculiarità musicali tipicamente riconducibili al nostro territorio (su tutti il comparto melodico, la melodia in sé), con altrettanti ingredienti di carattere internazionale.
Scontro al vertice fra due figure agli antipodi della musica italiana: Manuel Agnelli e Tommaso Paradiso. Qui la storia.
Si piace Levante. “Ha due gambe da paura” (Cit.), ed un’educazione tale da smarcarsi di netto da quell’approccio fasullo da fashion blogger, da chi le sogna la notte per emergere.
Doveva essere l’anno scorso, invece è quest’anno. “See you again in 25 years” (diceva Laura Palmer al termine della seconda stagione) salvo rinvii, appunto. Un cast stellare messo a mo’ di specchio per le allodole a disposizione dei detrattori (ovvero tutti): “Troppa gente, troppe star, sarà una porcata”. Un museo del fan service ipotizzato a cui il regista statunitense, osservando i primi due episodi d’apertura, va bellamente in culo – poi magari crolla sul finale/a metà /rimane sui livelli; per il momento le chiacchiere stanno a zero.
Più che per ricordare, uno scritto per girare attorno alla figura del leggendario Chris Cornell, tragicamente scomparso a soli 52 anni.
Sesso & Canzoni, un matrimonio (fedifrago) che regala sempre meno sussulti a noi ascoltatori perversi (perversi perché amanti del piacere, che è un crimine, si sa). Molto meglio cospargersi il capo di cenere (di una sigaretta scroccata un po’ a malincuore) e parlare di tutt’altra poesia. Meglio gridare: “E cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero?”. Idem negli anni dieci. Di sicuro, ai figli che non avremo, non gli racconteremo delle nostre avventure erotiche, o di quanto sia bello ed intrigante amare. Parzialmente o Completamente (come canterebbe Tommy Paradise).