Levante: parole, musica e cosce lunghe

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Un pezzo in ritardo, schivando le delucidazioni dei bastian contrari di professione, dei duri e puri del cantautorato spinto: ché il Pop è una roba per intenditori, in barba al significato del concetto stesso.

Mazzate. “Nel Caos Di Stanze Stupefacenti”, il nuovo lavoro di Levante, ne ha prese tante. Da tutte le parti. Ed osservando il video legato alla sua apparizione a “The Real”, il programma in onda su La 8 – un tavolo da tè e qualche biscotto bio in compagnia delle zie di città –, possiamo anche farci un’idea sulle motivazioni di base da parte dell’accusa.

Indie, ma non abbastanza per potersi permettere di figurare fra i cd nel raccoglitore dentro il cruscotto della macchina, magari mentre si va in uno di quei locali dall’aspetto cheap ma esclusivi: roba da pantalone rotto e coca e rum a 15 euro – per queste cose bisogna essere inattaccabili cazzo, meglio ficcarci il disco dei Pop X, si può sempre far finta di essere rumeni in vacanza. Cantautorato, ma non abbastanza per passare indenni dalle forche caudine nostrane – non sei Carmen Consoli, diranno. Pop, sicuramente.

C’è da dire, tornando all’intervista televisiva di cui sopra, che effettivamente la bella siciliana porge pericolosamente il fianco – come in copertina –, a chi si aspetta da lei un filo di coerenza: infatti, la presa di posizione sul video di “Non me ne frega niente” cozza tremendamente con l’improvvisata (e incalzata) lezione di selfie all’allegra combriccola da salotto, fra cui compare anche un’inossidabile Mara Maionchi ed i suoi problemi odontoiatrici. Del resto, Claudia Lagona – questo il nome dietro la ragione sociale “Levante“– è spesso interpellata come “contenitore variegato di contenuti” – Instagram queen, influencer, scrittrice, cantante, esticatzi. Lei se la gode. E più di uno grida al fenomeno sociale costruito a tavolino: peccato che la nostra sia al terzo album.

Si piace Levante. “Ha due gambe da paura” (Cit.), ed un’educazione tale da smarcarsi di netto da quell’approccio fasullo da fashion blogger, da chi le sogna la notte per emergere. È figa Levante e lo sa benissimo; non rappresenta un caso la sua ossessione per gli specchi – vedi di nuovo la copertina in posa plastica. Ama la propria figura riflessa, il proprio doppio, e probabilmente se potesse si scoperebbe – ma non come pensate voi, con amore, dolcemente.

Sarà giudice ad X Factor perché perfetta per quel format, anche troppo. Pulita, di quella pulizia propria di certi fenomeni recenti aka Rovazzi – che vuole andare a comandare! Che cucciolo! –, antipode del Fedez/Ferragni style.

Parte dal basso e fa le sue cose, ché se stai su Instagram sei Indie, e bearsi della propria bellezza è reato. Come se nel Pop non ci fossero abbastanza vanesi. Femmina, sveglia e presente a se stessa: forse grazie a quella famiglia unita che è stata capace di muoversi sull’asse Palagonia-Torino dopo la scomparsa del Padre di Claudia, tornando così nella città che diede i natali alla madre e che rappresentò un vero crocevia fra nord e sud.

Insomma, se anche voi è capitato di avere qualche rapporto amoroso, riconoscerete sicuramente la natura materna (di concetto) che pervade le tematiche in seno all’album: se siete mai stati con un’infermiera la cosa verrà amplificata. “Io Ero Io”, “Gesù Cristo Sono Io”, riportano a quella figura lenitiva di donna del sud: affettuosa, disponibile, spesso agli ordini. Che quando è ora non le manda a dire. E qui sì, la sagoma della Consoli si staglia all’orizzonte. Se proprio fossimo costretti al gioco delle influenze stilistiche, e non lo siamo, sicuramente non mancheremmo nel menzionare l’ottima Angela Baraldi (“Gesù Cristo Sono Io”) e soprattutto quella consapevolezza nei propri mezzi, del proprio aspetto fisico, della propria curiosità verso una concezione di bello talvolta minimale, in divenire: come la moda insegna.