Atoms for Peace – Amok

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È ormai un dato di fatto: Thom Yorke è un moderno re Mida della musica contemporanea, perchè tutto ciò su cui mette mano, anche se non è proprio barocco, sfarzoso e luccicante come l’oro, di sicuro è di grande valore musicale. E Amok ne è l’ennesima conferma.

Tutto questo nonostante Thom in questa tornata abbia assunto un ruolo piuttosto defilato nel processo creativo, che stando ai racconti dei componenti del gruppo è stato di  una sorta di collettiva, mistica session che si è protratta quasi ininterrottamente per pochi ma intensi giorni. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto dicendo che gli artisti di questa band hanno approcci e storie musicali molto differenti, e non sono proprio gli ultimi venuti: si tratta di Flea, bassista storico dei Red Hot Chili Peppers; Joey Waronker, già turnista con Beck e R.E.M; Nigel Godrich, produttore dei più acclamati album dei Radiohead, ma anche di altri artisti come Air, R.E.M, Pavement, Beck per citare i più altisonanti; e Mauro Refosco, percussionista che vanta un curriculum di tutto rispetto, con collaborazioni che spaziano da David Byrne, a Brian Eno, a (guarda un po’) i Red Hot Chili Peppers. Questo è il team che Thom Yorke aveva a suo tempo selezionato per suonare live i pezzi del suo primo  (e finora unico)  lavoro solista The Eraser; come spesso capita da quest’incontro è nato quel feeling che ha spinto  i cinque, a fine 2010, a continuare a lavorare insieme partendo da materiale molto grezzo proposto da Thom Yorke. Da lì – come accennato prima – l’inizio delle session,  sulla falsariga di quelle jazz, tanto che lo stesso Godrich ha paragonato (forse in modo azzardato) la nascita di questo disco a quella del capolavoro “In a silent way” di Miles Davis. Durante questi incontri, stando a quanto dice Thom Yorke in un’intervista a Rolling Stone, lui insieme all’inseparabile Godrich si è limitato in realtà a fare quasi da direttore d’orchestra e,  nelle pause dagli impegni con i Radiohead, a riassemblarne i voluminosi (in termini di quantità) risultati ottenuti in modo da dargli un taglio più elettronico.

Oltre a dare una grande lezione di come dovrebbe essere concepita e vissuta la musica,  la genesi di questo album ne fa evincere la grandezza: con poco sforzo e molta goduria personale i cinque atomi, come in una reazione chimica, si legano tra di loro e si contaminano a vicenda. Il risultato è la sintesi perfetta, l’esatta somma delle anime che compongono il gruppo: quella più tribale di Refosco, quella più funkeggiante di Flea, quella più estrosa di Waronker e quella più introspettiva del duo Godrich-Yorke, gli emisferi di un unico, prodigioso cervello.

E anche se Amok non rivolta come un calzino l’attuale panorama musicale, è un album di ottima qualità, minimale e profondo allo stesso tempo; un’esperienza di ascolto decisamente unica, originale e appagante, che potrebbe esserlo anche per chi (a gran torto) finora si è tenuto alla larga dai Radiohead.

Non ci resta che sperare, per la gioia delle nostre orecchie e del nostro spirito, che questa esperienza non sia solo un vezzo momentaneo di cinque grandi musicisti, e che gli Atoms for Peace ci concedano almeno il bis. Perchè se con così poco sforzo hanno prodotto un album di qualità come questo, se decidessero davvero di impegnarsi potremmo avere tra le mani qualcosa che potrebbe svettare  indelebilmente dalla sempre più affollata fauna della musica odierna.