Low – The Invisible Way

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Il “percorso invisibile” che dà il titolo al nuovo lavoro dei Low potrebbe anche essere quello da loro solcato durante vent’anni di attività: non che il trio di Duluth sia passato inosservato agli onori delle cronache musicali, tutt’altro, ma le diverse rivoluzioni che ne hanno scandito la storia si sono consumate, una dopo l’altra, sempre sottovoce. I ritardatari rimasti fermi al casello dello slowcore avranno di che farsi ragguagliare. mantenendo il passo felpato che la distingue, sin da quegli anni novanta in cui più o meno tutti si divertivano a “fare rumore”, la formazione ha nel frattempo attraversato una fase byrdsiana, ridotto lo strumentario ai minimi termini dell’elettronica povera fino a trovare in Jeff Tweedy, cantante dei Wilco, il nome giusto insieme al quale soffiare sulla ventesima candelina.

Il primo comandamento resta quello, non tradire il verbo essenziale del gruppo, cosa che di suo Tweedy si guarda bene dal fare, portato per vocazione ad una produzione scarna. Chitarra acustica, spazzole e pianoforte e poco altro: il nome di Clarence White invocato da uno dei brani in scaletta diventa indicatore di stile e anche un feticcio che simbolico (come già succedeva con Al Green nell’ultimo C’mon). Il trucco sta, ancora una volta, nel “togliere” il più possibile, quando invece moltiplicare effetti e di corredo per enfatizzare la nuova veste alt-folk sarebbe stata di gran lunga la soluzione più facile.

Se esiste un comune denominatore che lega i giochi di manopole di Drums and Guns con i chitarroni di The Great Destroyer e queste otto composizioni acustiche sta anzitutto nelle melodie e, in seconda battuta, nell’intreccio delle voci dei consorti Spahawk, dove per la prima volta la quota brani di Mimi Parker supera quella del marito Alan. Un modo per alleggerire ulteriormente una formula già quasi impalpabile, tanto che in certi momenti si ha l’impressione con la storia sottrazione questa volta si siano fatti prendere un po’ troppo la mano. Eppure tutto quel che si è amato dei Low è ancora lì, fermo ad aspettarci. Concedetegli qualche ascolto in più e The Invisible Way traccerà il suo percorso, anche quando non lo vedrete.