J-Ax Vs Umg: Il bello di essere brutti o il brutto di essere belli?

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Una volta c’era un programma su MTV. Si chiamava “Celebrity Death Match“. 
Come il titolo lascia intuire, tutto girava intorno a personaggi famosi che se le davano di santa ragione. Fino alla morte. Splatter compreso. Tranquilli, era solo finzione. E i personaggi erano tipo fatti col pongo. Era come vedere “Galline in Fuga” ma senza Galline in fuga, con invece Mike Tyson e David Letterman che si maciullavano a vicenda sul ring. Accoppiate improbabili. Sogni segreti del telespettatore 2.0, e non solo.

“Ci pensi che bello se Vittorio Sgarbi prendesse a craniate uno qualsiasi dei Club Dogo, o viceversa?”
In Italia non sarebbe poi tanto assurdo.
 Ma se è vero che non siamo ancora arrivati a tanto, è pur vero che le liti in tv, o a colpi di tweet, fra personaggi più o meno famosi sono all’ordine del giorno. E se non è così poco ci manca. 
Club Dogo contro Elio. J-Ax contro Francesco Facchinetti. Morgan contro se stesso. Non ultimo, il ributtante clan dei Casamonica contro il comico Dado.
 Una cosa è certa: Il nostro Celebrity Death Match si gioca sui social network.

E adesso a chi tocca? Chi sarà il prossimo? Ma soprattutto, noi da che parte stiamo? 

La notizia risale a poche ore fa. J-Ax, sempre lui, il rapper che ama la Maria, ha intrapreso una battaglia virtuale contro Umberto Maria Giardini, cantautore sconosciuto ai più, circolato per anni sotto lo pseudonimo di Moltheni, invero persona ben nota ai frequentatori di webzines, seguaci di italofone alternative al mainstream; (s)oggetto di culto, santino del rock quaresimale, rigoroso, e senza compromessi.
 Insomma, due pianeti che più distanti non si può. Due strade diverse, davvero inconciliabili, che però il cosiddetto mondo dei social, udite udite, è infine riuscito ad unire. Oppure, giocando col titolo di una canzone dello stesso Moltheni:

“Che il destino (dell’internet) possa riunire ciò che il mare (di tutto il resto) ha diviso”

E se uno pensa che il signor Giardini, già in passato, non lesinò critiche a colleghi e giornalisti, anche illustri, sempre sul tema della bellezza e della musica di qualità, e che l’ultimo album di J-Ax s’intitola “Il bello di essere brutti“, allora pare davvero che il Destino, o anzi il Diavolo in persona, ci abbia messo del suo.

 Ma veniamo al punto, all’oggetto della discussione, al perché J-Ax abbia improvvisamente rovesciato tanta bile sul serafico Moltheni. Serafico per modo di dire.
Scrive Umberto Maria Giardini, come se le ottime e meritate recensioni del suo ultimo “Protestantesima” non avessero nutrito abbastanza il suo ego:

“Si pensa che J-Ax non sia male, che Nina Zilli sia capace: non si sa più distinguere il bello”

Risponde J-Ax, e ci manca solo che aggiunga frasi del tipo “ti mando un paio di amici sotto casa”:

“Bella li, tanto a scrivere testi ti ho battuto fin dal b del mio primo singolo, che era una strumentale. Scrivo questo post regalandoti i tuoi cinque minuti di gloria solo per quello che ti sei permesso di vomitare su Nina Zilli. Vergognati, prima come Uomo poi come artista. Lei ha anni di studio alle spalle, come te probabilmente, la differenza sta in un dettaglio, il talento. Per quanto mi riguarda, io sono solo uno sporco ignorante “populista” ratto di periferia, guarda quanto poco basta per essere meglio di te. La gente non saprà più riconoscere il bello, è vero, ma te fai fatica a riconoscere la dignità”

Come userebbe dire Gadda, ben altro lombardo, e ben altro paroliere rispetto all’ex cantante ( è questo il termine esatto?) degli Articolo 31: “c’è sempre di mezzo una donna”. “Cherchez le femme“, a tagliar corto. E la donna, la damigella che ha risvegliato in J-Ax l’animo del cavaliere, solo un po’ più accannato e cafone, altri non è che Nina Zilli. La donna del soul, del pop, dell’R’n B. E chi più ne ha più ne metta. Da molti considerata una delle migliori cantanti che abbiamo in Italia, un tempo paragonata addirittura ad Amy Winehouse (sigh). 
Tutto fa pensare che J-Ax, punto nel vivo, abbia voluto difendere non tanto il suo onore, ma principalmente quello di un’amica e di una collega stimata. Sembra evidente. Com’è altrettanto evidente che forse J-Ax quel Moltheni lì e tutti quelli come lui non li ha mai potuti digerire.

La cosa poi è andata avanti, a suon di botta e risposta. Anche se la botta, a dire il vero, l’ha data quasi sempre Ax.
 Le posizioni di entrambi, in questa prolissa guerra a colpi di post, sono grossomodo riassumibili così:

Posizione di J-Ax – Lui si è conquistato il pubblico col tempo e col duro lavoro, malgrado avesse contro i giornalisti, che invece hanno sempre coccolato Moltheni. Quando Moltheni passava in radio, e lui invece no perché i suoi testi erano troppo scomodi, vendeva comunque più dischi di Moltheni. Entrambi, sia Ax che Moltheni, sono prodotti del mercato. Ma sulla lunga ha vinto il primo, perché ha conquistato un pubblico sempre più ampio. Dire che la tv lottizzata dai politici faccia schifo, come anche i talent, non vuol dire niente. La tv è solo un contenitore. E lui l’ha usato per lanciare messaggi anti-proibizionisti e anti-razzisti. Quindi è un gran figo. Alla fine Moltheni è solo un rosicone. Uno che non ha talento.

Posizione di Umberto Maria Giardini, un tempo Moltheni – 

Lui si scusa. Non voleva offendere nessuno. È che non può farci niente. Certa roba gli fa cacare. I Talent Show lo inorridiscono. La tv berlusconiana e renziana idem. E per lui Ax & Company sono il peggio che c’è in giro. Però si scusa, ma davvero, dal profondo del cuore.

 Badate bene che Ax ha ragione quando scrive che la tv è solo un contenitore. Il problema sorge quando lui, con la sua retorica da centro-sociale, e il suo culto ossessivo-compulsivo della Dea Cannabis, vi figura fra i contenuti. Perché no, Ax, coniare slogan a favore della Maria e contro la xenofobia liricamente non è davvero niente di che. È lettera morta in partenza.
 Per non parlare dell’esilarante filosofia di J-Ax a proposito del “Loser” (col pollice e l’indice a formare una elle da incollarsi sulla fronte, come ha fatto più e più volte durante le puntate del talent canoro “The Voice”, in cui vestiva, e vestirà ancora, i panni del vocal coach). Ebbene, se avete seguito un po’ “The Voice”, e avete dato un’occhiata ai concorrenti del team di J-Ax, avrete di certo notato che per Ax il “Loser” ha le seguenti caratteristiche: è una persona solare e telegenica , dal look modaiolo, magari intimamente tormentata, ma non così tanto da cacare il cazzo alla gente, e che dagli e dagli, prima o poi, ottiene ciò che vuole, attirando su di sé la simpatia, la curiosità, e l’interesse di tantissime persone. Certo Ax, è proprio così. Il ritratto sputato del perdente.
Un vero spasso poi quando nel primo post J-Ax si auto-definisce “uno sporco ignorante populista ratto di periferia“, solo per dire al Signor Giardini che perfino una pantegana avrebbe più dignità di lui. Davvero un modo ingegnoso per insultare la gente. 
Immaginate? Domani andate da uno e gli dite:

Io sono un lurido bastardo ricoperto di escrementi che vive nelle fogne, però sono meglio di te“.

No, non fatelo. Scherzavo.

Infondo è la solita vecchia storia. Indipendenti contro Mainstreamers. O come in questo caso Indipendenti contro Ex-indipendenti. Da una parte Umberto Maria Giardini, artista trascendente, dalla poetica ibrida e pressoché indecifrabile, spesso e volentieri inquietante. Dall’altra J-Ax, cummenda delle parole in rima e in assonanza. Lui ha fatto la gavetta. Lui ha conosciuto la strada. Lui si è fatto le ossa, e chissà cos’altro. Non perde mai occasione per ribadirlo. Quasi a schermirsi del fatto che adesso invece è passato alla cassa. Una cassa di nome Rai2. Perché se vieni pagato per fare il pupazzo in tv e ti chiami Francesco Facchinetti è male, ma se lo fai con la gavetta stradaiola alle spalle, allora: rispetto fratello. E poi dicono che l’Italia sia il paese della doppia morale.

E noi da che parte stiamo?
Davvero Umberto Maria Giardini può mettersi a sindacare su cos’è Bello e cos’è Brutto?
Non sarà che se la mena un po’ troppo con questa storia della qualità?
Non sarà un altro di quelli che hanno visto due puntate di “Boris” e si mettono a criticare fiction come “Le Tre Rose di Eva” senza tener conto di tutta la gente che ci lavora, di tutto il pubblico che la segue?
Tutti bravi a criticare, a fare gli artistoidi introspettivi, ma alla fine è solo la grana che conta, bitch!

PICCOLO ANEDDOTO CATODICO SUL FU MOLTHENI:

Una volta, se non ricordo male, vidi Moltheni ospite di un programma su Rai 2.
 Lo show s’intitolava “Scalo 76“. Allora Moltheni suonò “Gli anni del malto“. Alla batteria c’era ancora Gianluca Schiavon. E in studio c’era pure Mara Maionchi, la discografica, proprio lei. E la sua faccia diceva: “Se in vita mia avessi prodotto roba così adesso avrei giusto la pensione sociale”. Dopo aver eseguito il brano, stuzzicato dall’intervistatore, il buon Umberto disse qualcosa come: “La Tempesta è diversa dalle major perché si preoccupa solo della qualità“. Un modo garbato ma fin troppo allusivo per dire : “Tu Mara, invece, oggi fai solo dischi di merda”.

Capito il tipo?

FINE DELL’ANEDDOTO

Adesso si potrebbe dire che nessuno dei due ha ragione, e che infondo noi lettori e scribacchini del web siamo solo gente annoiata, che spreca il suo tempo a digitare frasi inutili nella convinzione che la propria discutibile opinione, spesso frutto di stereotipi ereditati dalla tv e dal web stesso, abbia davvero una qualche rilevanza.
 Voglio dire, nell’era della seconda carne siamo davvero convinti di poter avere un’opinione che sia nostra, o addirittura un pensiero critico, capace di distinguere ciò che è reale da ciò che è fittizio? Figuriamoci il bello dal brutto.
 A scanso di equivoci, quello che ad un primo impatto potrebbe apparire come un banale diverbio fra zitelle inacidite del social-condominio si rivela in realtà assai istruttivo.

Ci ricorda in primis che ogni artista degno di questo nome, ha il dovere, prima di tutto verso se stesso, come direbbe Fulvio Abbate, di dichiarare sempre e comunque: “Io non vi appartengo. Voi siete questo. Io sono altro“. Anche a costo di risultare spocchioso, anche a costo di fare nomi e cognomi, anche a costo di passare per uno stronzo a caccia dei suoi cinque minuti di gloria.
 Il fu Moltheni non ha colpa se l’industria discografica italiana, al giorno d’oggi, è diventata una fabbrica degli orrori. Con la sola differenza che il vero orrore a distanza di tempo si ricorda, mentre questo non lascerà traccia, almeno a livello musicale.

Perciò, anche se la tentazione è forte, non scambiamo tutto questo per la solita caciara. Dove alla fine tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Qui abbiamo un imbonitore di folle, il cui pseudonimo ricorda pericolosamente il nome di un deodorante, che dà del fallito ad un artista originale, nauseato dallo schifo che fa la musica ultimamente. Specie quella italiana. Specie quella mainstream. E non ha paura di dirlo apertamente. Inoltre, è giusto osservare come la diatriba bello/brutto non chiami in causa solo la musica, ma i nostri tempi in generale. Le nostre vite in particolare.

Sempre più simili ad una matassa intricata di cazzate internettiane. Parrà un’ovvietà, ma in questo caso alla solita frittata qualunquista preferisco l’uovo di Colombo.