Lars Rock Fest 2016 Day 1 @ Chiusi (SI) – 8 luglio 2016

Dici Lars Rock Fest e dici piccolo miracolo che cresce anno dopo anno nel bel mezzo del nulla, nel bel mezzo delle dolci colline al confine fra Umbria e Toscana, per la precisione a Chiusi (SI). Un festival giunto alla sua quinta edizione quest’anno grazie alla passione e alla forza di un eccellente gruppo di lavoro che ruota attorno alla Fondazione Orizzonti d’Arte che, per l’organizzazione e la direzione artistica del Festival, si avvale del Gruppo GEC – Effetti Collaterali.
Una realtà piccola ma virtuosa, dotata di quella sana ambizione che ti fa superare i limiti della provincia per proiettarti in ambiti culturali dal più ampio respiro, ma che allo stesso tempo ha proprio nel radicamento nel territorio la sua forza più grande. Non è solo una mera questione musicale, infatti: il Lars Rock Fest racchiude in sé tanti piccoli mondi, frutto di collaborazioni fra istituzioni, associazioni e singole persone appassionate che si ritrovano a Chiusi per godere di una due giorni di incontri e occasioni di crescita. La location cambia di nuovo anche quest’anno, spostandosi in un’area più adeguata a contenere stand vari fra vinili, artigianato e prodotti tipici locali, un’ampia area ristoro, uno spazio dedicato ai pannelli dei disegnatori-fumettisti e ovviamente un palco degno dell’ottima line-up che anche quest’anno gli organizzatori sono riusciti a metter su e conferma le impressioni che avevamo avuto negli ultimi anni. Il Lars è capace di portare in una piccola cittadina come Chiusi nomi internazionali di grandissimo rispetto, come The Pains Of Being Pure at Heart, Unknown Mortal Orchestra, Sotf Moon e quest’anno, zZz, Suuns e addirittura la data unica italiana di una band storica come i Wire.

DAY 1: GIUNGLA – BROTHERS IN LAW – SUUNS

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Quello che ci colpisce sempre molto del Lars è la bravura nel pescare cose magari meno “acclamate” ma di grande qualità e di riuscire a catalizzare la curiosità del suo pubblico attorno a questi nomi: un’impresa per niente facile da mettere in atto in certi posti. Non vale solo per le scelte internazionali, che godono quasi sempre di quel tocco di esoticità per cui le orecchie e gli occhi sono sempre un po’ più aperti a carpirne il valore, ma la sfida è soprattutto con le scelte italiane che rifuggono quasi sempre il nome ruffiano dalla facile presa che attiri gente. Così ad aprire la prima serata del Lars ecco esibirsi Giungla, giovane one-band-woman, ex voce Heike Has The Giggles e bassista di His Clancyness. Emanuela Drei, questo il suo nome di battesimo, sale sul palco imbracciando una chitarra accompagnata solo dalle sue basi, con una grinta degna di Beatrice Antolini, e una voce che nella versione live ricorda quella di Brian Molko. Il suo è un rock sgraziato dalle tinte wave e dagli inevitabili intrecci electro-pop, forse ancora un po’ acerbo, specie nella veste dal vivo e su un palco così grande. Ma il carattere e delle buone potenzionalità ci sono, sicuramente la ragazza è da tenere d’occhio. Subito dopo di lei è la volta dei Brothers in Law, band pesarese già piuttosto nota, vincitori della Targa Giovani Mei 2013 come miglior band. Tornati quest’anno con un nuovo disco, “Raise”, nella loro breve scaletta propongono pezzi tratti soprattutto da questo disco, tenendo ottimamente il palco, facendoci scivolare in un’altra dimensione spazio-temporale, manco fossimo dentro la colonna sonora di Donnie Darko. Un revival di stampo italico che dal vivo tiene davvero bene: i quattro suonano puliti e precisi. e aldilà di una certa ripetitività nella composizione dei brani, preparano in maniera convincente il palco alla grande attrattiva della serata, l’esibizione dei canadesi Suuns.

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La band di Montreal, già esibitasi in Italia a giugno per due date, al Monk di Roma e al Beaches Brew di Marina di Ravenna, sale sul palco intorno alle 23,30 e ci regala un set forse un po’ breve per le nostre aspettative, di circa un’ora. Dopo averli già visti nel 2014 sempre all’Hana-bi, l’effetto sorpresa sul loro valore dal vivo non può coglierci, ma il quartetto canadese ha in saccoccia un nuovo disco, “Hold/Still” che da più parti è stato considerato uno dei dischi più belli usciti in questo 2016.. Per l’occasione salgono sul palco anche cinque lettere enormi che compongono il loro nome, mentre loro con chitarra, basso, synth e batteria, iniziano a diffondere il ritmo ipnotico della loro musica trasformando i giardini pubblici di Chiusi in uno scenario futuristico e robotico. I Suuns dicono di fare “rock” ma a ben vedere su quel palco sembra quasi si stia inscenando un visual-djset atipico, tanto sono bravi a mescolare la potenza della chitarra di Ben Shemie con la trance ossessiva di ritmi ripetitivi prodotti da una sostenutissima sezione ritmica. Non c’è niente di freddo, però, nell’esibizione dei canadesi, anzi: non si risparmiano sui loro strumenti, fino a piegarcisi sopra, coinvolgendo la platea nei loro groove psichedelici e mantrici: dai pezzi più conosciuti come “2020” e “Translate”, a brani tratti dal loro primo disco come “Arena”, perfettamente amalgamati coi suoni cupi e oscuri che caratterizzano la loro produzione più recente. Peccato solo per quel bis mancato, che ci lascia un po’ di amaro in bocca: con appena un’oretta di live ci eravamo giusto acclimatati in quel mondo di cibernetiche allucinazioni post-industriali. Le luci si riaccendono, il dj (questa volta, davvero) riparte e siamo di nuovo nel bel mezzo del nulla, nel bel mezzo del nostro mondo tranquillo di provincia, in una Chiusi che stasera ci ha portato in un film di Ridley Scott.

Fotogallery: Carlo Pellegrini
Testo: Patrizia Cantelmo