Cave – Threace

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Una sorta di matematica acida e calcolata su lisergici caleidoscopi magnetici.

Seguendo le orme di precedenti lavori come Neverendless e discostandosene per una più ragionata, matura e precisa strutturazione sonora i Cave, sfornano un album, Threace, che mescola le visioni anni Sessanta e Settanta tra groove funky, movenze psych, psicosi kraut e sensibilità jazz. Cooper Crain, Dan Browning e Rex McMurry, qui in compagnia del chitarrista Jeremy Freeze, di Rob Frye (flauto e sax) e di Josh Johannpeter (percussioni), puntano dunque sulla reiterazione cangiante, sulla dissolvenza ritmica perenne che punta a scavalcare gli orizzonti e i generi.

Sfumature funk ambivalenti e vibrazioni flessibili (Sweaty Fingers), pulsazioni circolari quasi stoner (Silver Headband), lontane derive stranianti (Arrow’s Myth), allucinazioni afro (Shikaakwa), soffuse e sensuali pulsazioni sonore (Slow Bern) convivono all’interno di questo album in un equilibrio perfetto, placido e armonioso. Un lavoro preciso, intenso e sinuoso. Tra dilatazioni raffinate, intrecci ritmici rigorosi, confini inesplorati e fraseggi serpeggianti, la musica dei Cave fluttua all’interno di un magma sonoro labirintico, ben adagiata su variopinte sabbie cosmiche.

[schema type=”review” name=”Cave – Threace” author=”Ida Stamile” user_review=”4″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]