Cat Power – Sun

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Capita. O, perlomeno, è già capitato. Storicamente a Iggy Pop, strappato dalle chitarre urlanti di Ron Ashleton, e dalle braccia di una profonda tossicodipendenza, per venire “riabilitato” tra gelide architetture new wave sotto la supervisione di David Bowie – e con buona pace di Lester Bangs, che dopo averlo tanto amato, proprio con l’uscita di The Idiot lo decretò “morto vivente”. Di recente anche a Mark Lanegan, che dalla palude delle radici e dai ricordi del passato da addicted si è voluto redimere da solo, donandosi per metà all’electropop.

Ora arriva la volta di Cat Power, e vista l’attesa che gravava su un ritorno tutto fuorchè scontato, al primo “bip” fuori dai ranghi folk rock parte la caccia al colpevole. Il primo sospettato si chiama Philippe Zdar, del duo electroclash francese dei Cassius, responsabile di un mixaggio che vira con decisione sull’elettronica. Ma sarebbe ingenuo, soprattutto da parte di quelli che Chan Marshall dicono di conoscerla bene, pensare che per il primo disco di inediti in quasi dieci anni abbia ceduto il timone a qualcuno all’infuori di sé. La realtà è che, senza il fragore di una vera band, la Gatta in queste dieci tracce è più sola che mai, faccia a faccia con i fantasmi di quello che ha tutta l’aria di essere stato un periodo personale, diciamo…impegnativo.

Si incomincia con il rituale pellerossa di Cherokee (“bury me, marry me to the sky”),  in omaggio alle origini indiane dell’autrice e si continua con il primo singolo Ruin, la cui melodia sempliciotta cozza contro il testo di un ritornello disperato : “what are we doin’ sitting on a ruin?”. Tutto Sun vive di questi contrasti, tra un pop ballabile a volte al confine con l’hip hop e una vena lirica introspettiva che guarda al passato hardcore (“when choosing Black Flag was choosing a race”, da Peace and Love) ma sa anche farsi zen e dispensare saggi consigli: “it’s up to you to be like nobody” canticchia materna in Nothing but Time, e subito le fa eco, iguana in fabula, mister William Ostenberg in persona.

Piaccia o non piaccia, il suono è precisamente quello dei rehab records di cui si parlava prima. Una voce sospesa nel nulla mette il fermo immagine a una vita decisamente “vissuta” e prende del tempo per rifletterci sopra. Anche ad estate trascorsa, resta una bella ode a un nuovo sole che sorge.