Burzum – Daudi Baldrs

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Trovo che non sia mai bello dover stroncare un album, la figura del recensore-censore che imprime il bollo d’infamia su un CD non mi piace per niente e preferirei recensire sempre e solo capolavori, o album meritevoli perlomeno.
Ma ciò che mi ritrovo davanti e sto ascoltando è una delle prese in giro peggiori che un artista o presunto tale possa rifilare al suo pubblico. OK che nella scena black le registrazioni ultragrezze e minimali sono all’ordine del giorno e indice di attitudine “true” ma… applicare questo minimalismo a un genere difficile come l’ambient non mi pare proprio corretto. È così che mi accingo a parlarvi di questo “Daudi Baldr’s” o “Balders Tod”, visto che c’è chi lo dice in tedesco, quinta opera del progetto Burzum di Varg Vikernes che segna un nettissimo passo indietro rispetto a quel capolavoro di black/industrial/ambient che fu “Filosofem”.
Vikernes cerca come può di dare sfogo alle sue velleità artistiche direttamente dal carcere di Bergen, in cui ha la possibilità di farsi portare tastiere e synths per realizzare un progetto ambient: mettere in musica il mito norreno di Baldr, il più giovane e puro degli Asi ucciso da Loki, dio del male. Secondo la traduzione a quanto scritto da Vikernes nell’artwork : «La Logica (Loki), guidata dal suo desiderio di ragione, riunisce la cecità che è insita in noi (Hodr) con le religioni morte (il vischio parassita dell’albero della vita, Yggdrasill), ed uccide il significato della vita umana (Baldr). Il significato della vita viene perciò profondamente perduto nell’inconscio della nostra psiche (Helheimr). Coloro che sono spinti dall’energia di Urano (Odino/Hermodr) hanno cercato di compiere un viaggio dentro sé stessi per poter riscoprire questo significato, ma questo viaggio non può aver avuto successo, non in questa maniera. Quando amareggiati abbandoniamo l’amato senso della vita, abbandoniamo con esso anche ogni tipo di fiducia (Litr), bruciandola al palo. L’intera umanità ne soffre, brucia nel suo cuore, piange. La Logica della scienza moderna, guidata dalla sua rabbia, dalla sua arroganza e le sue contraddizioni, impedisce agli occultisti (Hermodr) di riscoprire il significato della vita. Non c’è nulla di male in ciò, solo logica fredda e calcolata. Essa, a causa della sua assenza di sentimenti, piange lacrime secche. Tutto ciò porta al Ragnarok: Inizio, Causa, Simbolo, Testimonianza, Destino e Crepuscolo degli dei. La battaglia nella psiche umana è combattuta tra la mente cosciente (Aesir) e l’inconscio (Jotunn). Purtroppo l’inconscio non potrà mai ritornare vivo da Asgard (la coscienza)».
Le idee non mancano al buon Kristian e a sentir bene l’album qualche spunto buono c’è. Ma purtroppo i limiti degli strumenti a disposizione e quelli compositivi compromettono decisamente il risultato. Abbiamo delle composizioni scialbe, meccaniche e artificiose che non riescono a trasmettere emozioni: Vikernes ha davvero usato un semplice midi per la realizzazione di quest’album, e il solo fatto di avere usato una strumentazione così ridicola per un genere che fa della sperimentazione e della ricerca sonora più complesse il proprio cavallo di battaglia dovrebbe dissuadere chiunque dall’acquisto. Fare ambient non significa poi prendere una base, per quanto bella possa essere, e ripeterla per un tempo determinato, in sei pezzi letteralmente scombinati e disarticolati l’uno dall’altro (sì, sembra di fare uno skip di tracce a volte dal modo in cui sono troncate…).
L’ambient seria sta altrove, e forse è il caso di sfatare il mito dell’artista dannato Vikernes, che comunque col secondo capitolo della trilogia – “Hlidskjalf” – è stato in grado di migliorarsi. Nel terzo capitolo è ormai inutile sperarci, ma ancora mi domando come abbia potuto la Misanthropy pubblicare una simile presa in giro nello stesso anno di “Omnio” e “La Masquerade Infernale”…