Gonzales – Solo piano

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L’avevo lasciato, o meglio mi aveva lasciato con un ricordo strano. Un tizio sudato come pochi, con una improbabile vestaglia pellicciosa rosa e bianca che cantava forsennatamente al microfono un rap in stile eminem, camminando a destra e sinistra del palco con un fare tipico di Groucho Marx, con tanto di mano dietro la schiena che teneva saldamente un sigaro gigantesco, come uscito da un cartoon. Strano effetto che mi ha fatto Gonzales, e la sua Take me to Broadway, che di li ha poco ha goduto di una breve programmazione notturna, resa ancor più breve dal fatto che in italia nessuno abbia dedicato un minimo di attenzione all’artista e resa ancor ancor più breve dal fatto che il video non era proprio… accattivante. Anzi, cupo e ombroso, angosciante con le sue maschere sproporzionate e grottesco in siparietti alla Buster Keaton. Me lo sono ritrovato qualche mese fa in giro su internet, con un look così messicano che ci mancava solo Eddie Guerriero con la sua macchinona dietro. Sembrava un pappone di terza categoria… e, quando lessi che aveva collaborato con Princess superstar, capii che il look ci stava tutto.

Poi lo ritrovo qualche giorno fa… Collaborazione con Feist… Mmmm, lo vedo in qualche foto… e non so perché mi ricorda Paolo Conte… e infine il suo cd: Solo Piano. Un titolo che è tutto un programma , ma può davvero essere che lui… un uomo che è passato per la kitty-yo (nota etichetta trendy tedesca) ha aperto i concerti di Alec Empire (noto casinista elettronico), ha collaborato con Princess Superstar (nota incapace della scena hip-hop) per poi approdare a Feist (nota voce dei Broken Social Scene) sia ora giunto ad un album strumentale solo piano?

Sì. E’ così. Non capirò mai cosa ci sia nella testa di Gonzales o nella sua poliedrica personalità, fatto sta che quest’album è di un eleganza spaventosa pur rimanendo di una semplicità spiazzante. Mi piace pensare a lui, quest’omone dalla mascella squadrata, che preme rec sul mixer, entra in sala di registrazione e si mette ad improvvisare al piano, guidato dall’istinto o più semplicemente senza guida, con la testa altrove mentre improvvisa. O ancora mi piace pensarlo solo sul palco, alla fine di un suo show, quando ormai più nessuno e nel locale e lui, come definitiva firma alla serata intrattiene i pochi roadie che smontano le luci con questi fraseggi pianistici, questi minuetti che ogni tanto sfociano nell’operistico, altre volte in una colonna sonora immaginaria, altri in esperimenti pianistici o accenni di ballad. Il tutto senza mai cadere in un manierismo scolastico o accademico, ma anzi catturando perfettamente ogni respiro del piano, siano anche le note spezzate che si hanno salendo eccessivamente nella scala del piano.

Difficile indicare una canzone, forse perché è anche difficile definire la canzone stessa. Il cd presenta 16 tracks, ma basta mettere play che il minutaggio che imprigiona le note si spezza, lasciando libertà alla musica; ed ogni volta è come se fosse nuova, tanto spontaneo e fantasioso è questo Solo Piano. Mi piacerebbe poter affermare di volere Gonzales sempre così, un po’ malinconico e riflessivo, ma solo ora mi rendo conto che, da quando lo vidi quella volta, esagitato e incappucciato in quel pastrano rosa confetto, Gonzales è fatto per suscitare emozioni, ma ancor più è fatto per esprimerle in modo anticonvenzionale e spiazzante. Magari il prossimo disco sarà ancor più bello di questo, e lui sarà diventato una nuova caricatura di chissà quale personalità, ma per adesso godiamoci la dolce eleganza, molto naif e poco snob, di questo elegante Solo Piano.

Suonala ancora Gonzales!