Björk – Drawing restraint 9

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Ci sono salite e discese nel mondo della musica, ancora di più per quanto riguarda artisti che nella loro genialità hanno segnato un’epoca e uno stile. L’islandese Bjork entra sicuramente in questa categoria di personaggi, e in questa colonna sonora composta per un’opera del suo compagno di vita Matthew Barney personalmente ho sentito un accenno di risalita rispetto all’ostico esperimento (ben riuscito, niente da dire, ma poco longevo nel mio lettore cd) di “Medulla”. Con questo non voglio dire che “Drawing Restraint 9” sia un lavoro semplice, con i suoi canti giapponesi (“holographic entrypoint” l’ho ascoltata la prima volta per saltarla a tutti gli altri ascolti, magari sarò un becero popolano, ma la mia cognizione di arte a un certo punto lascia spazio al gusto) e i suoi rumori di soffocamenti (“Pearl” non riesco proprio ad ascoltarla) è proprio tuttaltro. Nonostante questo in molti brani si trova quel gusto per la sperimentazione e quell’immensa capacità vocale che mi hanno fatto amare Bjork in tutti questi anni. A questo punto mi si potrebbe chiedere “ma allora questo disco è bello o no?”. Qua non è tanto questione di bello o brutto, stiamo parlando di una colonna sonora di un’opera visuale artistica, opera che francamente non credo che ne io ne molti di voi mai vedranno, ma per tutti coloro che sono rimasti con un po’ di amaro in bocca dopo “Medulla” ci si può ritrovare un po’ di quell’artista che tanto ha saputo creare. Perciò tralasciando gli episodi strumentali di campanelli e fiati possiamo ritrovare degli ottimi segnali dell’arte musicale di Bjork, come nella suggestiva “Bath”, una nenia lenta e emotiva molto semplice quasi esclusivamente vocale, oppure come nella strana e perfetta “Storm” che vede finalmente un ritorno a quella musica stramba ma perfetta che ci ha fatto conoscere negli anni l’artista islandese. Menzione a parte merita il brano d’apertura “Gratitude”, cantato da Will Oldham accompagnato da un’arpa. Struggente composizione veramente bella che vale il prezzo del disco e che personalmente mi ha ricordato molto alcune cose degli Xiu xiu. Ammetto che anche se non cantato da Bjork, questo per me è il brano migliore del disco. In conclusione un buon lavoro, un po’ inutile in molte parti senza l’ausilio delle immagini e ostico in altre, ma che in alcuni brani mostra una Bjork compositrice e cantante che mi fa davvero ben sperare per un futuro album, se saprà coordinare le sperimentazioni di questo disco e “Medulla” con le sue esperienze precedenti potrebbe uscire qualcosa di veramente unico e illuminante per la musica moderna.