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Succede spesso nella musica di assistere a ritorni che non ti aspetti, anche se in molti casi questi poi si rivelano assai deludenti: non è certamente questo il caso del nuovo disco dei Lemonheads. La band di Evan Dando torna sulle scene per rifare sua quella definizione di indie, non come etichetta ma come suono, definizione che ormai viene usata anche per i latrati del mio cane ma che quindici anni fa aveva un senso. Il bello del ritorno dei Lemonheads è che non sono cambiati di una virgola dagli anni ’90, il loro rock melodico liceale è sempre lo stesso, e seppure l’innovazione sia da cercare veramente da altre parti ammetto di ascoltare veramente con felicità queste nuove canzoni che niente hanno da invidiare ai vecchi classici come “Confetti”. Qualcuno arrivando a leggere fin qua potrebbe storcere il naso, ma sfido a trovare una tale freschezza in dischi recenti senza mai cadere nella banalità, con una ricerca della purezza del suono e nell’unione di note e strumenti esemplare, quasi come un manuale per sedicenni che decidono di imbracciare una chitarra. La voce di Evan Dando poi non sembra invecchiata di un anno, ha sempre quella incredibile carica emotiva e quella disumana capacità di entrare nella testa dell’ascoltatore come un colpo di fucile. Speriamo che questa band ricominci a divertirsi a fare musica di questo livello, pur essendo canzoncine, ma ancora di più che continui a divertire gli ascoltatori che ogni tanto sentono il bisogno di dischi simili.