Tenia – Bianco per sottrazione, Nero per composizione Ep

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Starei ancora molto tempo ad ascoltare la musica dei Tenia che, per quanto spigolosa, mi coccola, rimbalzandomi da un mito all’altro: vi risparmio la Santissima Sequela degli Enti Ispiratori, perché si tratta pressappoco degli stessi nomi che abitano il pantheon di ogni indie rock band italiana che si rispetti. Da Seattle all’Italia alternativo-intellettuale, la rotta è sempre quella, e il cameo di Umberto Palazzo nell’ultima traccia non fa che completare il quadro, dipinto con una bella rabbia, una discreta capacità di costruirsi le proprie canzoni e una qualità di registrazione che lo differenzia dai vari oltranzisti del “lo-fi…per necessità”. Starei ancora molto tempo ad ascoltare questo Ep, con i suoi continui rimandi e citazioni, perché amo questo sound almeno quanto lo amano i Tenia: ma il calendario mi ricorda, impietoso, che ci troviamo nella primavera del 2007, e che ne sono passate sì e no una quindicina dai gloriosi tempi dell’ alt rock così come ancora lo intendiamo; che è molto difficile oggi riciclare quei suoni senza finire nel cliché, e che l’assenza di alternative valide nel panorama odierno può, ma non deve, essere una buona scusa per cacciare la testa a struzzo nel passato. Ed è anche alla carica di musicisti giovani come i Tenia, ed alla loro mirabile capacità di “assimilazione” che spetta l’ingrato compito di prendere questo stile e farlo rivivere, senza limitarsi soltanto a farlo ricordare.

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