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1977 | Kling Klang | kraftwerk.com |
E nel 1977 venne la grande svolta per i Kraftwerk. I figliocci di Stockhausen, che nei primi anni ’70 ci regalarono tre album parecchio difficili – in particolar modo l’assurdo “Kraftwerk II” – sulla scia dei connazionali Can e Tangerine Dream, a partire dal 1974 iniziarono a dirigere meglio la propria vena sperimentale.
Ecco così che uscirono “Autobahn“, l’album realizzato come colonna sonora ideale per un viaggio in macchina, e il pre-industrial “Radio-Activity“, due album che, con la pubblicazione mondiale e l’uso per l’estero della lingua inglese a partire dal secondo, consacrarono Ralf Hutter, Florian Schneider, Wolfgang Flur e Karl Bartos al ruolo di musicisti cult. Ma ai quattro evidentemente non bastava.
Ed ecco che, due anni dopo l’album radio-attivo, nel 1977 danno ancora alle stampe un album destinato a lasciare il segno. “Trans-Europe Express” (“Trans-Europa Express” il titolo tedesco) è da molti considerato l’album iniziatore dell’elettro pop, e a ben ascoltarlo se ne possono capire le ragioni. Anzitutto questo è un album principalmente improntato sulle melodie: semplici e minimali, tranquille, allegre e soprattutto in grado di imprimersi indelebilmente nella mente dell’ascoltatore.
I Kraftwerk in quest’album si prodigano in svariati tributi nei confronti di quella che a tutti gli effetti rappresentava (secondo loro) il meglio della musica tedesca, trasportando il tutto nell’ottica del “viaggio” – secondo le parole di Hutter in quest’album sono condensate le esperienze dei viaggi europei compiuti dalla band.
Le danze quindi si aprono con “Europe Endless“, una canzoncina piacevole che ricorda vagamente un minuetto elettronico, e che, nei suoi 9:42, risulta nel complesso addirittura ballabile, giocando sui contrasti vocali. Un pezzo che nasce come accorato omaggio al vecchio continente e che con la sua dinamicità – il ritmo ricorda non a caso l’incede di un treno – ci dà l’impressione di compiere per davvero un viaggio in Europa.
Lenta, notturna e inquietante è “The Hall of Mirrors“, canzone dalle liriche oscure imperniata sul tema del narcisismo, lascia semplicemente di stucco l’ascoltatore, qui immerso all’interno di un’atmosfera kafkiana. Le melodie facili e il ritmo danzereccio di “Showroom Dummies” anticipano di qualche anno quello che faranno certi gruppi Neo Romantic come Japan e Ultravox – che prenderanno ispirazione da queste melodie. C’è anche da ipotizzare che il tema dei manichini abbia ispirato probabilmente l’album successivo, “The Man Machine“, che vede i nostri nei panni di quattro incredibili robot-manichini.
Ma il bello arriva con la title-track. Il ritmo veloce dei campionamenti meccanici sembra farci viaggiare su un treno iper veloce da un angolo all’altro dell’Europa: da Parigi a Vienna per giungere a Düsseldorf – sede dei Kling Klang Studios, l’eremo dove sperimentavano e componevano i loro album – per incontrare David Bowie e forse Iggy Pop (!) dopo aver viaggiato di stazione in stazione… Vi ricorda niente tutto questo? Se no, meglio che vi ascoltiate “Station to Station” del Duca. “Metal on Metal” è una rielaborazione, anzi, un proseguimento in chiave praticamente industrial secondo un raffinato gioco a incastro nelle ritmiche portanti del pezzo.
“Franz Schubert” è un sofisticato omaggio elettronico al grande compositore della Germania romantica, un momento di relax dopo l’intenso ritmo della traccia precedente – l’ennesima citazione colta dell’album. “Franz Schubert” sfuma poi in “Endless Endless“, nella quale si aggiunge solamente la voce robotica che recita il titolo e chiude definitivamente l’album.
I Kraftwerk diedero vita a un piccolo gioiello, ed è incredibile il modo in cui quest’album unisce in sé tradizione e avanguardia: i campionamenti di quest’album sono stati usati da artisti appartenenti a campi musicali totalmente diversi, se pensiamo agli Afrika Bambataa di “Planet Rock” o addirittura a Madonna, che sfruttò samples di “Metal on Metal” nel “Drowned World Tour”. Un album fondamentale nella storia della musica, che sarà ricordato per sempre.