Depeche Mode – Songs of Faith and Devotion

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1993, “Songs of Faith and Devotion”, i Depeche Mode tornano dopo il clamoroso successo di “Violator” e riescono a stupire nuovamente il pubblico di appassionati e non con un album che unisce il sound dei predecessori a suggestioni rock giocando ad essere irriverenti fin dal titolo.
Già dalla prima traccia – nonché primo singolo estratto – si capisce quanto il combo inglese stia osando: “I feel you” è un pezzo puramente rock, con Martin Gore che si cimenta con una chitarra dai riff taglienti e Dave che si diverte a giocare alla rockstar.
Ma il pezzo più emblematico dell’album è senza dubbio il secondo “Walking in my shoes”, anch’esso singolo di successo grazie anche al video-capolavoro di Anton Corbijn, carico di suggestioni e immagini allegoriche tratte dall’Inferno dantesco, un pezzo cupo che vorrebbe essere una confessione fatta a Dio in persona, capace di eguagliare il successo di “Personal Jesus”.
Ma non finisce qui, tutte le dieci canzoni dell’album sono cariche di un atmosfera dark e quasi blasfema che rende “Songs of Faith and Devotion” un album diabolicamente affascinante. E’ il caso di “Condemnation”, “Judas” e “Get right with me”, tre pezzi caratterizzati da dei cori gospel – i cori a voci nere presenti in molte chiese americane del sud – tre pezzi che guarda caso sono imperniati sul tema del peccato…
“Mercy in you” e “Rush” sono due pezzi simili per sonorità a “I feel you” ma non per questo di minor valore, anzi, la voce di Gahan qui sembra riuscire ad essere ancor più efficace che nel celebre singolo.
“In your room”, al centro dell’album, è forse quella che ho trovato la miglior canzone di quest’opera, un pezzo squisitamente dark in cui le atmosfere e la voce raggiungono il picco più elevato. “One Caress”, cantata da Martin Gore, è anch’essa un pezzo davvero valido, una bella canzone d’amore giocata su voce ed archi… che ha però il difetto di apparire un pò fuori luogo nel contesto dell’album.
“Higher Love” è un altro pezzo misticheggiante, quasi estatico, posto emblematicamente a conclusione dell’album, quai a voler simboleggiare il percorso del peccatore che riesce a trovare la retta via… o forse no.
“Songs of Faith and Devotion” è un album controverso, vuoi per come è stato strutturato, vuoi per le vicende extra-musicali che accaddero in quegli anni (Dave che più volte rischiò la vita nella sua ansia di atteggiarsi a tutti i costi da rockstar), vuoi per lo stesso sound rivoluzionato rispetto ai precedenti album (fondamentale il tocco di Flood, il guru dell’elettronica che in quegli anni collaborerà a capolavori del calibro di “Zooropa” e “The Downward Spiral”). Ma anche questi sono motivi che rendono quest’album davvero intrigante, e che mi inducono a consigliarvene assolutamente l’ascolto.