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“Memoirs”, quinto full length dei norvegesi Third and the Mortal è uno degli album di più difficile ascolto che mi siano capitati ultimamente. Un po’ ispirato dai Portishead, un po’ dai Massive Attack e un po’ da Bjork, questo è il classico tipo di album che o si ama o si odia: i nostri non lesinano nella loro voglia di osare e ci presentano un album decisamente ostico, ora squisitamente melodico, ora atrocemente dissonante fino ad essere quasi disturbante, con una Ann Mari Edvardsen un pò maliarda e un po’ strega nelle sue eccezionali vocals, a metà strada fra Bjork o Beth Gibbons (Portishead).
Ogni pezzo fa storia a sé e si propone di portarci in atmosfere differenti: fra melodia e completa dissonanza l’opener “Zeppoliner”, fra morbido e cupo “Good Evening Mr. Q” e la seguente “The City”, che fanno quasi venire il dubbio di stare ascoltando i capolavori “Dummy” o “Mezzanine”. Tutto l’album è come percorso da un continuo conflitto fra la volontà di sedurre l’ascoltatore ipnotizzandolo, con Ann Mari a fare da sirena di odissea memoria, e quella di respingerlo, di intrappolarlo all’angolo con soluzioni ardite, cupe e disarmoniche. Un vero e proprio tira-e-molla continuo.
“Reflections” è quasi un esperimento dark-techno che vuole essere omaggio a gente come i migliori Chemical Brothers o Aphex Twin, un pezzo quasi ballabile e dalla forte, conturbante carica ipnotica. “The dark line” lo segue in successione e in stile, con Ann Mari che torna a fare la sirena per introdurci nella quasi allegra e spensierata “Fools like us”, che sembra quasi essere un remix techno della colonna sonora di una qualche commedia romantica made in USA, come la voce effettata “a mò di telefonata” lascerebbe effettivamente presagire.
Ma non preoccupatevi, subito dopo arriva la cupa e angosciante “Those of that kind” a fare da esatto, inquietante contrappunto. In “Simple Mind” Ann Mari torna a farci sognare con la sua voce accompagnata da campionamenti eterei e sognanti, quasi una ninna nanna… ma i rumori elettronici di sottofondo, quasi ad emulare il suono di un laser da film di fantascienza, e l’atmosfera che via via s’incupisce ci fanno seriamente dubitare che si tratti di un bel sogno. Eppure quella vocina così invitante… ma il fading finale non ci svela l’arcano e ci conduce in “Spider”, altro pezzo inquietante affidato a una baritonale voce maschile che chiude definitivamente l’album.
I Third and the Mortal si sono autodefiniti “musique noir”: non c’è che dire, sono riusciti perfettamente nel loro intento realizzando un album oscuro e inquietante, emozionante ed ispiratissimo che potrà dare emozioni diverse ad ogni ascolto, all’ascoltatore che ha voglia di osare, di mettersi in gioco con un album che ha davvero molto da dire.
Che poi piaccia o no, è davvero questione di gusto personale.