Anekdoten – Gravity

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Qualche mese in seguito all’uscita ufficiale, è giunto finalmente anche in Italia l’attesissimo nuovo album dei progsters svedesi Anekdoten, band forse poco prolifica – solo quattro album in dodici anni di carriera – ma in compenso amatissima dal suo pubblico, come il clamoroso successo del concerto di Wurzburg quest’estate ha dimostrato. Rispetto al precedente “From within”, c’è da dire fin da subito che “Gravity” può avvalersi nuovamente di Anna Sofie Dahlberg, che in quel disco compariva nei credits solo a titolo d’onore. Importante notare anche il cambio di label, non più la francese Musea ma la Stickman, dettaglio importante in quanto finalmente non sarà necessario acquistare d’importazione le varie uscite di questa cult band.
I quattro non stravolgono le proprie sonorità che tanto li hanno resi celebri, a parte Nicklas che canta in maniera più personale senza prendere a modello Thom Yorke, ma ascoltando questa loro ultima release non si può non notare come le atmosfere siano cambiate: rispetto alla melanconia notturna che dominava l’acclamatissimo predecessore ci troviamo di fronte a un clima letteralmente elegiaco, solare e luminoso.
“Monolith” (citazione di kubrickiana memoria?) è la porta d’ingresso in questo nuovo viaggio – «when we walk from the darkness / out into the light» – atmosfere patinate grazie alle chitarre armoniose (fantastico l’assolo a partire dal quarto minuto) e ai mellotron che, al solito, conferiscono melodie retrò ispirate dai primi King Crimson.
La seconda traccia, “Richochet”, non deve trarre in inganno per il titolo ultra abusato: si tratta di una canzone semplicemente deliziosa, dolcissima e sognante, risulta essere il momento più romantico dell’album; la voce di Nicklas è emozionante come non mai accompagnata dalla tenue chitarra acustica, mentre il mellotron le conferisce un alone quasi cinematografico.
La combinazione chitarra acustica-voce-mellotron domina anche “The war is over”, un pezzo crepuscolare con atmosfere ancora rarefatte ma di ineguagliabile bellezza. La malinconia notturna ritorna in “What should but did not die”, la traccia che maggiormente ricorda il sublime “From within” nonostante il lirismo del pezzo non sia disperatamente teatrale come nel suddetto album.
Un giro di basso di taglio dark ci introduce in “SW4”, in cui troviamo Anna alle backing vocals ad esaltare la voce di Nicklas, qui intonata con un forte taglio riflessivo, quasi sussurrata, mentre il pezzo con lo scorrere dei secondi si avvia progressivamente verso atmosfere quasi psichedeliche.
La title-track “Gravity” è coi suoi 8:20 il più lungo pezzo dell’album e anch’essa ricorda in alcune parti l’album precedente, in essa troviamo un continuo alternarsi di buio e oscurità. La romantica ballad “The games we play” sembra riportarci indietro di oltre trent’anni, ai tempi della grande pischedelia: chitarra acustica, vocals in falsetto, mellotron e un romantico, quasi impercettibile pianoforte ci regalano un sogno di tre minuti appena. “Seljak” è un’outro strumentale imperniata su vibrafono, chitarra ed un basso dal ritmo sincopato, l’ennesima traccia che presenta un forte ma in compenso gradevole taglio retrò, che a partire dal secondo minuto acquista via via tensione per poi fermarsi di botto poco dopo il quinto minuto, concludendo così inaspettatamente l’album.
Gli Anekdoten sono tornati col piede giusto: “Gravity” non è certo un album eclatante o rivoluzionario poiché i tratti distintivi del loro suono rimangono immutati (dal basso pesante alle chitarre e synths di crimsoniana memoria), ma i nostri brillano per abilità compositiva realizzando un album capace di combinare i loro stilemi tipici con atmosfere totalmente differenti che l’orecchio del fan non avrà certo difficoltà ad individuare e che risultano essere la colonna portante dell’intero album, supportate da una perizia strumentistica notevole che bada direttamente al sodo ma allo stesso tempo capace di regalare momenti interessanti anche per l’ascoltatore più attento al lato tecnico.
“Gravity” è quindi un must assoluto per i fan degli Anekdoten, che qui troveranno la grazia fatta musica; per chi volesse provare a conoscerli, dobbiamo ammettere che il rischio è quello di trovare agli inizi un album un po’ monocorde: il nostro suggerimento è quello di effettuare un ascolto attento, perché questo disco richiede molta attenzione alle varie e spesso poco appariscenti sfumature che ne compongono le brillanti e delicate atmosfere.
Un ascolto è comunque raccomandato a tutti, questa band merita di essere conosciuta.