Pop, Iggy – Lust for Life

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Il 1977 fu un anno intenso per David Bowie, intento nella composizione di due dei suoi più grandi capolavori (“Low” e “Heroes”), ma oltre a questo gli amanti del rock devono ringraziarlo anche di un altro fatto: quello di aver aiutato nello stesso periodo a Berlino l’amico James Newell Osterberg a iniziare una brillante carriera solista. Chi è costui? Nientemeno che Iggy Pop, l’ex leader degli Stooges, cult band americana cui molti ascrivono – non a torto – il merito di aver anticipato la nascita del punk.
Bowie in quello che fu il suo periodo artisticamente più prolifico decise di aiutare a tornar sulle scene l’ex leader della band da lui tanto amata, e la collaborazione in quel di Berlino si rivela assai proficua. Iggy collabora ai due già menzionati capolavori dell’ormai ex “Ziggy”, e questi produce e canta nei cori dei due primi album dell’amico, “The Idiot” e quello che vi stiamo per recensire, “Lust for life”, che vede come sessionist i fratelli Hunt e Tony Sales (batteria e basso), Carlos Alomar e Ricky Gardiner alle chitarre e Davi Bowie al piano e ai cori. Tutti e quattro gli album citati sono stati prodotti negli “Hansa by the wall studios” a Berlino Est.
E proprio con la title track si apre l’album: come praticamente tutti voi saprete, questa canzone ha vissuto una seconda giovinezza grazie al film “Trainspotting”, per cui è stata scelta come colonna sonora. Sommate il martellante drumming punk, il ritmo della chitarra di Alomar – anche qui impeccabile come già negli album con Bowie – il piano fortemente rock & roll e i coretti fra l’effeminato e lo sfottente di Bowie e la voce irriverente e carica di energia di Iggy che altro non fa se non cantare una vita di eccessi che conosce bene. Otterrete così un pezzo a dir poco esaltante, sregolato, uno di quelli da pogo più sfrenato mai composti! Gli autori di “Trainspotting” non avrebbero potuto scegliere pezzo migliore.
Iggy fa poi vedere tutta la sua carica dannata anche nella seguente “Sixteen”, il pezzo più breve dell’album, accompagnato da stratosferici, graffianti riff di chitarra. Le musiche di “Some weird sin”, così come quelle della title-track, sono state composte da Bowie e ammiccano molto al glam di album come “Aladdin sane”, con quel pizzico di carica in più che può dare la voce dell’Iguana, coadiuvato dall’amico Duca alle backing vocals in un pezzo che è un altro inno a una vita estrema, che entrambi conoscono bene.
La lenta “The passenger” – qui le musiche sono di Ricky Gardiner – è un momento riflessivo carico di groove, in cui il nostro contempla le atmosfere notturne canticchiando amaramente un irriverente “la-la-la”. Sembra strano sentir intonare una canzone d’amore a un uomo che è stato soprannominato “l’Iguana”, eppure in questo pezzo troviamo un Iggy ruvido e romantico, che sfrutta magistralmente i cori di Bowie e un Alomar ancora superlativo alle chitarre. Ah già, ma è un velato inno alla droga camuffato da canzone d’amore, chiedo venia.
Ma già in “Success” ritroviamo il solito, irriverente mr. Pop, che canzona esplicitamente il successo e il mondo del music business (ricordiamoci che lasciò gli Stooges in seguito al licenziamento ad opera della Elektra).
Della lunga ballata “Turn Blue” non troverete le lyrics, censurate nel booklet, una scelta discutibile dovuta ai forti contenuti del testo, comunque rintracciabile sul web, qui ad esempio tanto perché possiate giudicare voi con la vostra testa un testo importantissimo per capire questa aspra, dissonante ballata.
“Neighborhood threat” è un altro pezzo alle soglie del punk, con vocals amare e che non a caso parla di emarginazione e la povertà. Il bluesy rock di “Fall in love with me” ben si addice a questa lunga e accattivante canzone d’amore, che altro non è se un elogio all’unico piacere della vita di cui Iggy non aveva ancora parlato. Anche qui però, niente sdolcinatezze per il nostro, ruvido come sempre con la dark lady in questione. Incorreggibile.
“Lust for life” quindi non è solo «la famosa canzone del film», ma un album semplicemente perfetto di rock marcio, decadente e incazzato, ma proprio per questo esaltante. L’apporto di David Bowie si sente non poco ma non per questo dobbiamo sminuire mr. Iguana, che si dimostra un autentico trascinatore sia in studio che sul palco, oltre a prendersi una bella rivincita nei confronti di chi lo dava per finito dopo lo split degli Stooges.
Un album per scatenarsi ancora oggi, dopo oltre un quarto di secolo.
E scusate se è poco.