Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Dopo aver segnato indelebilmente la scena doom col debut “Epicus Doomicus Metallicus”, il cui nome sarebbe rimasto per sempre impresso negli annali del metal, gli svedesi Candlemass, capitanati dal bassista Leif Edling, si riproposero già l’anno seguente con un’altro capolavoro, quel “Nightfall” di cui ora parleremo.
La band vide due importani innesti: il bravo chitarrista Lars Johannson ma soprattutto un cantante le cui doti avrebbero suggellato definitivamente il sound di Candlemass, quel pittoresco personaggio a nome Messiah Marcolin che amava vestirsi da monaco e che stupì parecchio il pubblico col suo cantato quasi lirico, potente e suggestivo e capace di amplificare la tenebrosità delle canzoni del combo svedese. Un bel passo in avanti rispetto al pur bravo Johan Langquist che pur avendo prestato le vocals al primo album non fu mai considerato più che un sessionist.
Con “Nightfall”, la cui splendida cover è un dipinto del pittore Thomas Cole tratto da un ciclo sul “viaggio della vita”, i Candlemass riescono a dar vita a un album doom riuscito sotto ogni aspetto, sicuramente più godibile rispetto alle band più in voga di allora, quei famosi Sleep, Trouble e Saint Vitus che della lentezza e dell’incedere monotono dei singoli pezzi avevan fatto il proprio cavallo di battaglia: i riff delle chitarre di Mats e Lars oltre alla “solita” pesantezza del genere riescono ad essere semplicemente esaltanti quando si scatenano in assalti frontali in puro stile heavy metal, basta ascoltare pezzi come “At the gallows end”, che dopo un’intro malinconica – dopotutto il soggetto è l’ultima notte di un condannato all’impiccagione – vede le due chitarre esplodere letteralmente, e la possente “Dark are the Veils of Death” alternante parti doom ad altre puramente speed (!), il cui titolo per ammissione dello stesso Edling è stato in parte ispirato da “The Veils of negative Existance” Manilla Road; oppure ancora uno di quelli che sarebbero diventati fra i pezzi più amati in assoluto della band, quella splendida “The Well of Souls” che può essere benissimo eletta come il manifesto del doom epico con un Messiah semplicemente divino, anzi, diabolico.
Ma la band si muove, ovviamente, anche su canoni doom più standard con tre pezzi nerissimi che sfruttano al meglio le potenzialità del genere: la mistica “Samarithan” che riprende il tema della celebre parabola, “Mourner’s Lament” e la conclusiva “Bewitched”, per cui la band realizzò un video con Jonas Åkerlund, un capolavoro di musica maledetta anch’essa detsinata a segnare la storia della band.
“Nightfall” oltre ai già menzionati brani vede quattro ottimi intermezzi strumentali in parte acustici (due fanno rispettivamente a intro ed outro) che gli conferiscono un ancor maggiore tono epico; di quest’album colpiscono davvero molto la varietà dei brani e il suo sapersi staccare dai canoni del doom anni ’80, che spesso risulta assai “indigesto”, ma non per questo i Candlemass risultano meno oscuri, anzi, la particolare voce di Marcolin e le sue misticheggianti lyrics fanno di loro una band semplicemente unica per quel che riguarda l’intero genere. Quest’album rappresenta sicuramente la vetta creativa della band, che sfornerà altri due buoni album con Marcolin – “Ancient Dreams” e “Tales of Creation” – incapaci però di eguagliare la maestosità evocativa di “Nightfall”. Del resto della produzione della band, frammentatasi dopo il 1990, non è neppure il caso di parlarne.
In conclusione, reputiamo “Nightfall” la miglior creazione della band svedese oltre che un capolavoro assoluto del genere doom, un album ancora maggiormente apprezzabile grazie all’ottima riedizione della Powerline records data alle stampe nel 2002: la confezione include un secondo CD con versioni demo, live, un’intervista e il video di “Bewitched” che potrete visualizzare su PC. Un’ottima ristampa da avere assolutamente per ogni amante del doom.