Sondre Lerche – 2 ways monologue

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A distanza di 2 anni da Faces down (un piccolo gioiellino pop che ha nella sua semplicità e l’orecchiabilità il suo punto di forza) ritorna alle scene Sondre Lerche con Two Way Monologue (in uscita a giugno). E in tutto questo tempo il giovane norvegese si è fatto le ossa per bene con 2 tour in usa. Il primo, breve, solo lui e la sua chitarra… Praticamente un suicidio, ma forte della sua faccia pulita il biondo non s’è tirato indietro e ha conquistato, con una serie di show brevi come durata ma ricchi di emozioni. Il secondo invece era in compagnia di uno dei tanti stralunati geni del pop: Ed Harcourt (una sorta di Badlty Drawn boy che ama cadere in una malinconia alla Nick Cave).
Ed è proprio il suddetto Ed e la sua musica che sembrano aver influenzato la nuova produzione di Sondre. Lo stile viene conservato: c’è sempre quindi una predilizione per un beat un po’ retrò, alla beatles per cercare riferimenti nel passato, o alla Alfie/E.Smith
/BDB per cercarli nel presente (anche se il disco che più si avvicina a Faces Down è Into the sun di Sean Lennon), ma il sound generale dell’album è totalmente diverso. La batteria è vera (mentre l’altra puzzava di campionato lontano un miglio) e gli strumenti prendono spazio.
Tutte le canzoni si basano sempre su un ben saldo ed efficace guitar based pop, di stampo Heckeriano, ma invece delle batterie elettroniche e delle chitarre spoglie del precedente entrano in gioco ottoni, fiati, slides, archi e piano. Certo non c’è tutto questo dispiego di mezzi per ogni traccia. Come detto in precedentza il punto di forza è la semplicità o “pulizia del suono”, e la nuova veste d’arrangiamento si adatta bene a questa regola non essendo mai invasiva o opprimente.
Il risultato è ottimo: Stupid memory, it’s too late, days Are Over… tutte belle canzoni, fresche, allegre e frizzanti come lui è solito scrivere.
Il problema maggiore è che ora Sondre ha perso il suo “marchio di riconoscibilità”. Maturando si è tuffato in quella mischia di compositori/cantautori che hanno tutti questo sound un po’ indie acustico, un po’ pop e un po’ folk e se si scomodano nomi come quelli citati sopra (Alfie e Badly Drawn boy) più gli emergenti Rice e Wainwright il confronto non regge. Prevedo quindi vita difficile per questa nuova release…E dire che bastava vedere lo stesso Ed Harcourt, e l’anonimità in cui è piombato il suo From Every Sphere per capire che non era proprio il caso di tuffarsi in quella mischia.
Forse era meglio mantenere il sound sixties, con la sua chitarra giocattolo (LA MITICA HOFNER!), anche perchè le canzoni che si prestavano c’erano anche (Track You Down, wet ground).