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Damien Rice potrebbe essere frettolosamente liquidato come l’ennesimo ammiratore di Nick Drake e sebbene le cose in comune col grande Nick siano moltissime, è doveroso riconoscere al giovane Damien i giusti meriti. Il nostro songwriter irlandese ci regala 10 (12 se si considerano le 2 ghost tracks finali) malinconiche composizioni incentrate sulla chitarra acustica e sulla sua voce suggestiva, coadiuvate da dolcissimi interventi di archi e voci femminili ad opera della bravissima Lisa Hannigan. La proposta è di sublime atmosfera, delicati squarci di placide visioni si susseguono durante l’ascolto di brani come “Volcano”, “Cannonball” o “Amie”, brani dove Damien Rice dimostra di saper emozionare con gentili tocchi acustici, down tempos e molto, moltissimo pathos. Davvero notevole l’utilizzo degli archi, mai sopra le righe e sempre inseriti alla perfezione nell’economia dei vari brani. Da sottolineare che non vi sono episodi sottotono, al contrario ogni song si mantiene su livelli d’intensità veramente alti e garantisco che chi come il sottoscritto ama alla follia artisti come il già citato Drake, Martyn, Buckley (il padre) avrà di che godere durante l’ascolto di “0”. Di tanto in tanto lo spettro di Drake si fa scomodo, qualche purista potrebbe storcere il naso nel notare persino (innocenti?) tentativi di plagio nella pur bellissima “Delicate”.
In un momento sicuramente non facile per la musica alternativa, questo esordio di Damien Rice rimane innegabilmente una graditissima presenza e dopo aver apprezzato i recenti lavori di Sophia, Mojave 3, Molina, e Sodastream la speranza è che l’intera scena folk rock contemporanea rimanga in futuro su questi livelli e che magari abbia aperto uno spiraglio nelle pigre menti dei giovani rockers, non tanto per il bene della musica di oggi, quanto per la riscoperta di certi grandi incompresi del passato dai quali il pur bravissimo Damien Rice deriva.