Architecture in Helsinki – Fingers crossed

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Il debutto degli Architecture in Helsinki è un fantastico cd di pop elettronico.
Gli AIH prendono l’anima dei Mùm, i suoni cari ad Aphex Twin del Richard D James album, alcune divagazioni melodiche di Notwist/Lali Puna e sfornano un disco dall’incredibile bellezza che conquista con la sua schietta semplicità.
I brani godono di musiche semplici e dirette (Souvenirs) ricamate tra l’incorcio di 8 diverse voci e i giocosi synth che orchestrano le melodie in uno stile quasi filarmonico (To and Fro). La musica sembra come fluttuare, nuotando tra chitarre, che danno talvolta un suono folk ma sempre rivisitato elettronicamente (Kindling, sumer 2008 con quella sua cadenza alla giapponese, scissor paper rock), sfociando in batterie campionate classiche (lika a Call) e brani che puntano su un elettronica più diretta (imaginary Ordinary che ha uno scenario che mi ricorda molto Milkamn e Where you’ve been hiding).
Per quanto d non sia quindi nulla di trascendentale o innovativo Fingers Crossed resta attaccato addosso, ed è già diventato una delle mie preferite uscite fin ora.
Non è certo un album che vuole segnare nuove strade con sperimentalismi vari, E’ più una sapiente e soprattuto personale interpretazione della musica elettronica, che riscopre la gioia di giocare con linee pop facili e dirette (The owls go, It’s almost a trap) e di scrollarsi di dosso quella freddezza e asetticità a cui viene spesso abbinata frettolosamente.
mi piace immaginarmeli come giovani Mùm che giocano con brevi accordi Beatlesiani per comporre piccoli spensierati idilli.