Type O Negative – October Rust

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Forse sono ingiusto a non avere più molta fiducia in Peter Steele e soci, ma sono del parere che, alla luce degli ultimi lavori decisamente sotto i vecchi standard, il periodo di “Bloody Kisses” e “October Rust” per i Type O Negative difficilmente si ripeterà.
Con “October Rust” in particolare, la band americana era riuscita a definire in maniera completa e organica un sound e uno stile assolutamente unico, personale come pochi. C’è chi li ha paragonati ai Black Sabbath… anzi a dire il vero era stato lo stesso Peter qualche anno fa a tessere le lodi di Ozzy & soci, chi li definisce doom, chi gothic… bene i Type O Negative sono un pò tutto questo, ma anche no. È vero che sono particolarmente amati dai gothsters in America e in Europa, però penso che cercare di applicar loro un’etichetta sia assai dura, troppo personalità caratterizza loro e i loro pezzi. Ecco, forse il termine che potrebbe meglio calzare è “decadenti”, che non è un aggettivo necessariamente goth nonostante tutti gli stereotipi che caratterizzano il genere.
“October Rust” è un album caratterizzato da melodie decadenti: basso lento – meno vibrante rispetto a “Bloody Kisses” – chitarre con reminescenze sabbathiane e distorsioni stoner, e quelli che reputo i due maggiori punti di forza dell’album, ovvero le melodie ai synths di Josh Silver in contrasto con la voce ruvida e baritonale di Peter Steele, qui a dire il vero più “soft” del solito. Sì, non è un album “terribile” e di difficile comprensione come il debutto “Slow deep and hard”, ma non è neanche un album “easy” perché di finezze per dar vita a queste atmosfere uniche i nostri ne hanno usate: per quanto possa spesso sembrare soave, in “October Rust” c’è sempre qualche elemento decadente assolutamente ironico a farci dubitare di aver compreso davvero la chiave di ascolto: nelle melodie di “Red Water”, piacevoli da ascoltare fino ad essere a tratti estasianti, Silver è bravo a rendere un che di sinistro da farci stare sull’allerta, per non parlare della sensualità notturna, morbosa e a tratti ancora ironica dei due brani che hanno fatto da singoli traino all’uscita dell’album, “Love you to Death” e “My Girlfriend’s Girlfriend”, ancora attuali e godibili nonostante sian già passati otto anni, oppure sempre per restare in tema la splendida “Be my Druidess”. L’ultimo single estratto fu una cover di Neil Young, una versione particolare della sua celebre “Cinnamon Girl” che però mi sembra personalmente essere un brano con cui i nostri non si trovano per nulla a proprio agio.
Ma ce n’è anche per chi volesse qualcosa di più esplicitamente metal/doom, basti ascoltare “Burnt Flowers Fallen”, una “In Praise of Bacchus” che celebra la passione di Pete per il buon vino e ricorda da vicino il doom ossessivo e annebbiato dei primi Cathedal, una “Wolf Moon” notturna come poche che è un inno goth per eccellenza e, per chiudere in bellezza, una “Haunted” lentissima, il brano più lungo e ossessivo dell’intero album in cui i nostri omaggiano vecchi campioni del doom quali St. Vitus, Sleep e Trouble ma senza certo venir meno alla propria personalità.
Finita questa breve e spero esaustiva presentazione di “October Rust”, è il momento di qualche considerazione: i Type O Negative sono un act molto particolare, assolutamente unico e, come già detto, assai difficile da catalogare. Molto dipenderà dal grado di apprezzamento che avrete per la voce di Peter Steele, che si ama o si odia senza possibili vie di mezzo, e per le stesse atmosfere dell’album. Non è il solito gothic, romantico e pieno di clichée, difficilmente potrete lasciarvi trasportare dalle atmosfere di “October Rust”, piacevoli eppure ingannatrici e sempre pronte a sorprendere – vedi i vari bizzarri intermezzi presenti. Però, assieme a “Bloody Kisses” è probabilmente l’album più completo mai realizzato dalla band, e rispetto a quest’altro grande CD ci sentiamo di proporlo come inizio per chi volesse imparare a conoscere questa band, se non altro perché la sua maggiore melodicità ne facilità parecchio l’ascolto.