Marlene Kuntz – Fingendo La Poesia

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“Fingendo la poesia non è un disco di transizione”. Questo affermano i Marlene nelle varie interviste rilasciate subito dopo la pubblicazione dell’EP. Sei brani, due spore ad aprire e chiudere il disco, il brano omonimo da Senza Peso che dà il nome al lavoro e due cover di Mina e Paolo Conte. Una bella mossa che sembra però un divertissement: il lavoro suona in molti punti anche fin troppo patinato, quasi fosse un esercizio poetico di stile. Per quanti buoni propositi possano esserci, il colpo non arriva a segno. I suoni e gli intrecci dei Marlene sono ormai riconoscibili nel loro evolversi, nel loro rallentarsi e nel loro svilupparsi: la forma c’è, ed è innegabile, suona anche molto matura. E’ la sostanza, sfortunatamente, a mancare.
Sono mondi che si scontrano, anime musicali che idealmente potrebbero avere molto in comune (la poetica e l’interpretazione di Godano ben si adatta anche a testi non suoi, se poi sono del calibro di Mina e Paolo Conte, tanto di cappello), ma che sul punto di vista musicale, stridono, e neanche poco. Se con Mina si riesce a sottolineare la insita cattiveria del testo tramite piccoli intrecci inquieti di chitarra e ancor più lievi esplosioni a lungo andare il pezzo sembra quasi adagiarsi fino a sviare completamente l’interpretazione; la summa di questo discorso si trova proprio nella cover di Paolo Conte: poco si adattano le strutture melodiche dei Marlene ad una canzone così.
Si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un provino, bene o male: “Vortice”, prima prova su monologo per Godano accompagnata da una sorta di arrangiamento fantasma sul filo del nervosismo che culmina in una piccola coda strumentale. “Abbiamo capito che qualcosa di nuovo stava per succedere. Ed è successo”, recita lui mentre noi ci chiediamo: “ma era davvero così necessario?”. Il pezzo puzza innegabilmente di riempitivo, un esercizio di poetica abbastanza scontata nella composizione del quale potevamo fare benissimo a meno. E così distante, anche concettualmente, dai precedente pezzi, che non fa altro che aumentare quel senso di divertissement cui si accennava precedentemente.
Non ci resta che sperare almeno che la frase che conclude l’ep sia di buon auspicio per il prossimo lavoro e ascoltare la produzione vera dei Marlene.