The Futureheads – The Futureheads

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Volendo minimizzare potremmo tranquillamente etichettare l’album dei Futureheads come un power pop neanche troppo piacevole, dato che l’euforia/energia che regna in ogni canzone prende pian pian il sopravvento. Come una macchina che va sempre più veloce alla fine il disco vacilla, si fa difficile da “sentire”, vuoi per i cantati tanto originali quanto intricati (The city is here for you for us) o per gli arrangiamenti eccessivamente ritmati che fanno rimpiangere la “classica acustica di sottofonfo” che sarà sì lo strumento più abusato della storia della musica, ma almeno riesce sempre a costruire un solito piano su cui innalzare una canzone.
Ma non minimizziamo. I futureheads fanno sì un power pop, ma la loro influenza new wave tipica degli anni 80 è innegabile. su tutto il cd aleggiano ricordi di Talking heads e Clash. Dei primi hanno la voglia di costruire e giocare con gli rrangiamenti (Le Garagecon la sua base di “oh-oh” potrebbe provenire da Speaking in Tongues, come anche Danger of the water e i suoi “du-du-du”) il cantato un po’ sguaiato (Alms) e il ritmo secco che ogni tanto suonano assieme chitarra e batteria (l’intro di trying not to think about). Di Strumemr e soci invece hanno la grinta, le chitarre serrate e ritmate e il ritmo.
Questa somiglianza è forse la pecca maggiore dell’album: ha sempre lo stesso ritmo. Basta far scorrere velocemente gli inizi di ogni singolo brano (attenti a non trattenervi troppo o sentirete tutta la canzone, il tempo medio di un brano è 2 minuti!): sempre lo stesso tempo, sempre lo stesso beat e a lungop andare sempre lo stesso arrangiamento, neanche lo sforzo di “giocare” con qualche pedale boss o creare un’atmosfera. I futureheads producono schegge impazzite, alcune sono appuntite e vanno a segno, altre invece fanno metà percorso e cadono attera, altre non partono neanche. O meglio sarebbe stato se neanche fossero partite: pezzi come Robot e A to B sfiorano la demenza alla Might Be giant (ma i might be giant, sia chiaro, sono dei grandi…).

Un disco di cui si farà un gran parlare immotivatamente e che, personalmente, non mi trovo a consigliare.