The Thrills – Lets bottle bohemia

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Il nuovo album dei Thrills mi ha messo un po’ in difficoltà. Non nego che ero molto curioso di sentire questo lavoro, per vedere eventuali progressi o per vedere come una band si avviasse già al declino, ma non è stato mica facile..
Ci ho messo circa 12 ascolti per capire quale delle 2 strade avessero imboccato e incredibilmente i Thrills sembrano prenderle tutte e 2: sono migliorati ma sono scaduti, sono più maturi ma anche meno convincenti.
La principale differenza che porta questo Lets bottle bohemia a stare sotto So much for the cities è principalmente l’attitudine alla musica. Manca quell’aria di Santa Cruz, quel sole che qualcuno sembra avergli rubato, la spensieratezza e anche la semplicità. Ma soprattutto mancano le chitarre che avevano, in un certo senso, fatto la fortuna del precedente lavoro: i suoni di questo disco sono davvero fatti male.

Sembra quasi di rivedere ciò che è successo agli Oasis nel passaggio da What’s the story a Be here now. Un nuovo sound come “caricato”, eccessivo, che si impasta e non permette ai musicisti di respirare pervade tutto l’album. Le chitarre perdono la loro limpidezza (Tell me something i don’t know, Our wasted lives) e si macchiano di overdrive, le tastiere eccedono e si fanno forse troppo invasive eprepotenti (Saturday Night) quando puntano sui suoni stile hammond, ma guadagnano quando si limitano ad essere semplici piano (you can’t fool…).
Ma soprattutto… i cori!
dove sono andati a finire quei bei cori perfetti di Big sur e simili? non basta ogni tanto qualche vocale sostenuta o qualche “parapappà” (The curse of comfort) che è francamente imbarazzante a dare il giusto apporto alla melodia e le canzoni che, per conto loro , bisogna ammetterlo, sarebbero pure piacevoli se non soffrissero per la mala interpretazione.

Ma provate ad ascoltate l’album con attenzione, 5, 6, 7 volte di seguito, fissate le melodie e provate ora a immaginarlo sunato dai Thrills di qualche anno fa… con quelle belle steel guitar pulite e squillanti… con quella batteria secca e semplice… con i cori che avevano una precisa linea e non si limitavano a “timbrare il cartellino” per farsi sentire… e con quell’aria da Beach Boys…Sarebbe davvero stata un’altra cosa.

Si vede che i Thrills sono ancora troppo immaturi per affrontare un’aria di cambiamento che tutti si aspettavano e forse, se a distanza di 2 anni sarebbero rimasti i soliti Trallalleri, ci sarebbero piaciuti anche un po’ di più.
Uno dei pochi casi in cui una maturazione artistica non era affatto richiesta!