Twink – Think Pink

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Il più significativo esempio di rock psichedelico inglese, teso a riassumere molti dei temi più importanti espressi dalla scena underground dei sixties, o più semplicemente la più grande opera visionaria di tutto il rock europeo degli anni 60/70 si nasconde tra i solchi di questo disco, ossia “Think Pink”, l’opera magna di Twink, personaggio straordinario e di grande culto, nonché batterista dei fondamentali Pretty Things prima e dei leggendari Pink Fairies poi. A metà tra queste due esperienze artistiche John “Twink” Alder, coadiuvato nella produzione da un altro grande personaggio dell’underground inglese, Mick Farren degli storici acid-rockers Deviants, decide di pubblicare l’album che girava da sempre nella sua testa, e lo fa francamente un pò in ritardo coi tempi dell’era psichedelica (1970), dettaglio comunque superfluo ai fini dell’analisi artistica quando si è al cospetto di un’ opera di simile caratura.
“Think Pink” è il trionfo della psichedelia estrema, è un rincorrersi di allucinazioni sonore derivate dall’uso bizzarro di ritmi a volte tribali, strumenti esotici, lancinanti ed acidissime distorsioni chitarristiche che danno forma ai deliri di certi collage e trip sonori, ma soprattutto fanno da sfondo al Twink sia batterista che cantante, ma prima ancora eccezionale artista del surreale e protagonista unico ed irripetibile di questa orgia celebrativa del culto lisergico e dell’esperienza psichedelica.
Qualsiasi digressione tecnica in relazione alle esecuzioni o alle strutture delle songs non può essere pertinente nel caso di “Think Pink”, poichè gli input che guidano l’ascoltatore non sono di natura teorica o razionale, bensì durante l’ascolto entrano in ballo tutte le escursioni proibite che la nostra mente normalmente tiene a freno. Pertanto è inutile stare a parlare delle caratteristiche di ogni singolo brano, “Think Pink” va gustato nella sua straordinaria continuità. Non pare invece inadeguato riferirsi all’ascolto di questo disco come ad un viaggio, termine assai inflazionato e accostato sempre ad una miriade di dischi che poi spesso si sono rivelati più che mai convenzionali. Ma se riferito a “Think Pink” converrete con me che mai paragone avrebbe potuto essere più azzeccato. Più immaginifico del “Piper” dei Pink Floyd, più cerebrale del “Sgt. Pepper” dei Beatles, superiore artisticamente ad una quantità spaventosa di dischi spacciati per psichedelici, “Think Pink” è il vero disco di culto, il disco psichedelico per antonomasia, la trasposizione inglese dell’esperienza acida e psichedelica americana, ma anche a proposito della scena americana mi è veramente difficile trovare altri esempi di arte così stupendamente e largamente visionaria, dal momento che la psichedelia dei grandi gruppi statunitensi è di altra derivazione e composizione. Un disco semplicemente intramontabile, un episodio unico nel suo genere e per questo irripetibile.

P.S. Per chi volesse avvicinarsi all’opera consiglio caldamente l’edizione dell’etichetta italiana Akarma che lo ha da poco ristampato in una affascinante confezione cartonata.