Capture the Broken Social Scene!

I Broken social scene… sono uno dei concerti più attesi di questo autunno-inverno romano.
You forgot it in people è un nome che ha incominciato a circolare da più di un anno fa, e pian piano è passato di stereo in stereo, da un file sharing all’altro facendo crescere curiosità e attenzione verso questo “vasto” gruppo, a tal punto da portare la band a essere il caso discografico dell’anno, e a fare un tour europeo per ritirare tutti i premi che la stampa e la critica hanno loro rivolto. Il Circolo degli artisti è quindi prevedibilmente pieno, spinto più che dalla curiosità verso la band dall’amore verso un album che, bisogna ammetterlo, è un vero capolavoro.

I broken social scene… in una foto non ci stanno.
E non ci stanno perché sono “di un numero compreso tra il 9 e il 12” . La formazione è infatti molto variabile, e l’unico elemento che non è intercambiabile è il batterista. (E ti credo, è un fenomeno di batterista!). E’ un peccato non poter racchiudere tutto questo collettivo in una foto, se non altro perché “scenicamente” fanno tutti il loro effetto… Avete presente il video di Ride dei Vines dove lui suona e dietro appaiono magicamente 5, 10, 50 chitarristi dei più diversi generi che suonano come lui? I Broken Social Scene sono così, un po’ come i pupazzetti dell’ovetto Kinder. C’è il B.S.S. Indie, con tanto di Adidas ai piedi e cintura bianca, Il B.S.S. Eighties, in improbabili scarpe da tennis bianche e completo elegante su camicia rosa, il B.S.S. Fashion, vestito stile D&G con delle raccapriccianti scarpe di cuoio bianche ai piedi, il B.S.S. Doors, praticamente il sosia di Jim morrison in scarpe col tacchetto e pantaloni aderenti, il B.S.S. operaio… ovvero quello che a vederlo gli dai al massimo del “fonico” e “roadie” e invece passa da chitarra a basso a tromba con una semplicità sconcertante.
Insomma, un collettivo così vario che a confronto gli Happy Ippo non sono nessuno.

I Broken social scene… non solo non stanno nella foto, ma non stanno manco sul palco.
Pigiati l’un l’altro sul piccolo stage del Circolo degli artisti si trovano costretti a seminare pedali ed effetti dove meglio capita. Un peccato per chi come il sottoscritto è appassionato di effettistica, e quindi si deve sporgere il più possibile per riconoscere, tra i tanti, pedali vari della boss, ibanez, danelectro, boomerang, Vox, e ben 3 Loopstation. Tutti effetti che già fanno presagire la ricchezza di suono che vogliono esprimere, e che, per comodità, sono tutti posti dietro ai musicisti, praticamente sotto gli amplificatori, costringendo quindi la band a mettere sempre in bypass gli strumenti, altrimenti –visto anche il volume- se si giravano per cambiare il settaggio degli effetti i fischi del feedback avrebbero raso al suolo il locale.

I Broken social scene… aprono il concerto a sé stessi.
Presentandosi come Apostle of Hustle, una band di.. “un numero compreso tra i 3 e i 6 elementi” che propone –da quanto scritto su un giornale” folk ancestrale. Che di per sé non vuol dire un cazzo e infatti non c’entra niente. Gli Apostle of hustle suonano come i Broken, magari lievemente più “blues”. Forse perchè le chitarre prediligono riff e melodie trasversali invece di muri di suono o loop. Un live interessante anche se non molto coinvolgente per il pubblico, ma che vede la partecipazione dei molti musicisti che si trovano a suonare le cose più impensabili. Il cantante [No, il nome non lo so. Dico, non vi immaginerete mica che conosco tutti i nomi dei Broken social scene… già facevo fatica a distinguerli dalle foto sui quotidiani!] resta affascinato dal curioso suono che provocano le bacchette sul contatore della luce, altri invece pescano a piene mani da dietro il batterista che, come un rappresentante della Fisher Price, tira fuori giocattoli musicali, campane e campanacci, tamburelli, legni e bacchette varie. Si crea quindi una sezione ritmica interessantissima e varia, ricca di timbri e stacchi differenti che si fondono splendidamente tra loro.

I broken social scene… hanno fatto un concerto da sogno, uno dei migliori dell’anno per intensità, coinvolgimento e bravura.
Il suono è sporco, direi “rustico”, ma caldo e familiare e questa è la cosa che ce li ha resi subito più vicini. E’ stato impossibile non restare rapiti da Anthems for a seventeen years-old girl, con le voci distorte dai reverberi, la sensualità di Feist (Ehy, un nome lo so! Sì, per chi non lo sapesse, Feist fa parte della line up dei Broken) che si sposa dolcemente con gli ottoni, e il tappeto di synth che regala una lunga coda, prima di affievolirsi e sparire. Ed è altrettanto impossibile non sentire un brivido dal primo accordo di KC accidental, che irrompe con la potenza di 6 chitarre e una cavalcante batteria, erigendo un muro di groove possente e maestoso. Ogni brano è una scossa o un abbraccio. La cosa che più stupisce è vedere loro, i broken social scene, che suonano come un’unica entità. La musica li rapisce, vogliono a tutti i costi partecipare, inserendosi con nuovi giri di chitarra, con ritmiche percussionistiche e battiti di mani ai pezzi che, seppur molto legati alla struttura del disco, sembrano brillare di luce nuova. Non è il classico concerto in cui il gruppo arriva e fa la sua canzone. I Broken creano, costruiscono, sanno che stanno regalando molto più di semplici note, stanno comunicando, sprigionano una vibrante e sentita emozione che accompagnerà tutta l’ora e mezza abbondante del concerto.
E il pubblico ricambia questa emozione compiaciuto. Forse neanche loro se lo aspettavano che noi sapevamo così bene i pezzi, tanto da accogliere compiaciuti ogni canzone con piccoli boati o grida d’incitazione, da partecipare attivamente sui cori, da scatenarci nel clap-hands su Stars andSons o ancor di più su Almost Crimes, in cui feist si scatena diventando più ruvida di una Pj Harvey prima maniera.
E soprattutto da non chiedere neanche il bis: alla fine dell’ultimo pezzi infatti non si è potuto fare a meno di aprirci in un genuino appassionato applauso, semplicemente perché avevamo tutti capito che i Broken Social Scene ci hanno dato il massimo, e anche di più. Qualsiasi altra nota in più sarebbe stata superflua, e nulla avrebbe potuto aggiungere a un Concerto con la C maiuscola, uno di quelli che non si scorda.

Piccolo epilogo
I broken social scene… sembra che non se la stiano passando tanto bene.
Del resto è difficile pensare che tra 11 elementi regni sempre l’armonia (a meno che non sei un Peace&love&rock’n’roll Polyphonic Spree), e girano voci di “liti interne”, “divergenze d’idee” e scioglimento. Forse questa recensione arriva tardi e i Broken avranno già lasciato l’Italia, ma se capitate nello stesso posto dove loro hanno una data un consiglio: Non ve li perdete.