Cummings, Albert – True to Yourself

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Bisogna ammetterlo il 2004 non è stato certo un anno da ricordare per gli amanti del blues. Se si escludono i soliti noti ,che non deludono mai, gli ultimi 12 mesi non hanno proposto nessuna vera grande novità. Per fortuna proprio sul finire dell’anno arriva Albert Cummings e chi , come il sottoscritto, ama la musica del diavolo può rallegrarsi. Finalmente un nome nuovo e soprattutto un grande , strepitoso album di sano blues elettrico. Cummings con questo “True Yourself” ci regala 45 minuti di vero incendiario blues chitarristico con un disco mai monotono e banale, un album che spazia tra molteplici influenze ma che soprattutto ci fa conoscere un musicista incredibile dotato di una tecnica eccezionale, di grande carisma, tanta fantasia e non da ultimo di un bella e coinvolgente voce. Documentandomi un po’ ho scoperto che il nostro è al suo terzo album (ma il primo sembra sia una specie di demo autoprodotto) nonostante sia già abbastanza avanti con gli anni (37 per la precisione). Sul suo conto non ho molto da aggiungere ma credo che la cosa sia marginale; queste 10 canzoni (tutte scritte di suo pugno) parlano da sole, per cui senza indugi andiamo ad analizzarle per bene. Si parte con “Blues Make Me Felle so Good” uno shuffle di grande impatto, con assoli strepitosi e mai banali e un ritmo travolgente. Tra i musicisti della nuova generazione solo Tab Benoit mi sembra in grado di offrire brani di questo spessore. “Come Up Fair” ha invece impresso a fuoco il marchio texano, SRV, Lonnie Mack e tutti i grandi eroi della 6 corde elettrica approveranno di sicuro questo travolgente brano arricchito da un assolo distorto davvero notevole. “Follow Your Soul” si sposta su territori più vicini al rock ma non perde un briciolo di originalità. Strepitoso l’assolo iniziale ed irresistibili i continui crescendo chitarristici. Il nostro deve aver amato molto SRV perché l’influenza dell’immenso texano si sente forte in ogni sua song senza che però Albert risulti essere un mero clone o imitatore; anzi io lo definirei un ottimo allievo o discepolo che fa senza dubbio onore al suo maestro. Sentite questa travolgente cavalcata elettrica e poi concorderete con me. La successiva “Lonely Bed” è invece un slow coi fiocchi, forte l’influenza del genio di Roy Buchanan, con le corde tirate allo spasmo per dei ficcanti e lancinanti assolo di rara bellezza. “Man On Your Mind” è una vera festa di wha wha in un incredibile delirio di travolgente texas blues . Menzione d’onore per la band dove spiccano l’ottimo tastierista Riley Osborne e il basso di Tommy Shannon tanto per non smentire la devozione a Stevie Ray. Sempre ad alta gradazione di ottani la successiva “Separately” un tempo medio mozzafiato che esalta le grandi qualità canore di Cummings. La successiva “Sleep” ci mostra invece il nostro alle prese con la chitarra acustica in una dolce ballad dal sapore sudista. Brano splendido e prova ineccepibile del nostro che si rivela musicista e cantante dotato di grande duttilità. “Where Did I Go Wrong” torna a far tremare le vene dei polsi con gli wha wha che si sprecano e una grande carica adrenalinica nella miglior tradizione texana. “Work It Out” si sposta leggermente su coordinate più vicine al funky e all’R&B ricordando vagamente le cose migliori di Jimmy Thackery, con quel sound che sa di profondo sud ma con degli assoli vaughaniani fino al midollo. Si chiude con “Your Sweet Love” ennesima travolgente cavalcata elettrica da lasciare a bocca aperta per qualità di esecuzione e varietà degli assoli.
Che dire di più, proprio sul filo di lana mi sento di dichiarare che “True Yourself” è senza dubbio l’album di blues elettrico più bello del 2004. Un disco che si lascia ascoltare tutto d’un fiato, mai monotono e terribilmente trascinante. E’ nata una stella? Presto per dirlo, certamente Albert Cummings non è uno dei tanti, è dai tempi di Joe Bonamassa che un’esordiente, o quasi, non mi impressionava tanto. Senza dubbio questo è un disco che farà la felicità di tutti gli amanti del blues ma anche di coloro i quali amano gli album fortemente chitarristici. Splendido, un vero peccato lasciarselo scappare